
Da Limes
Grandi festeggiamenti popolari, come da tradizione, anche se Pechino non ha molto da festeggiare guardando alle sfide che l’aspettano nel 2024. Prima tra tutte, la ‘stabilità domestica’. Perché si stima che il tasso di crescita del pil diminuirà dal 5,2% al 4,6% (da noi sarebbe un sogno). A pesare alcuni non risolti problemi strutturali. Lacune del sistema finanziario, dicono gli specialisti, lo scoppio della bolla immobiliare col fallimento di Evergrande.
Pesante l’aumento del tasso di disoccupazione giovanile (tra i 16 e i 24 anni). Oltre il 20%. Poi Pechino ha escluso dal calcolo gli studenti, e così la cifra ufficiale è scesa al 14,9%. La variazione non basterà a elevare il morale dei giovani cinesi, in particolare quello dei 12 milioni che quest’anno cercheranno lavoro dopo essersi laureati.
Gli alti prezzi degli immobili, la penuria di opportunità di impiego, la propensione al risparmio e il conseguente stress sociale sono alla base della diminuzione dei matrimoni e del declino demografico cinese, il quale probabilmente continuerà anche nel 2024.
Pechino cerca di incoraggiare le coppie a espandere il nucleo familiare con incentivi economici a quelle che hanno più di un figlio e facilitazioni per convolare a nozze. Esperti e accademici dibattono apertamente di come abbassare il costo delle case. «A ogni modo, il governo non sembra ancora giunto al punto di adottare cambiamenti economici di larga scala».
Lo sviluppo della Repubblica Popolare dipende ancora dalle esportazioni (lo scorso dicembre sono aumentate del 2,3%) e dall’interazione tecnologica con Usa e soci occidentali. Pur avendo compiuto grandi progressi nel campo dei microchip e dell’intelligenza artificiale, la Cina resta vulnerabile alle oscillazioni dei mercati stranieri e soprattutto alle ritorsioni che vogliono bloccarne l’ascesa.
Ed ecco che Pechino sta cercando di allentare la tensione con Washington, alle prese con le imminenti elezioni presidenziali, e con i paesi europei. L’incontro tra Xi Jinping e Joe Biden a San Francisco lo scorso novembre, la riapertura delle comunicazioni di alto livello tra le rispettive Forze armate e l’intensificarsi del dialogo bilaterale sui fronti più disparati. Per esempio il contrasto al traffico illegale di Fentanyl.
La Repubblica Popolare conta sul suo ruolo di principale produttore e lavoratore di terre rare e su quello sempre più rilevante nel campo delle auto elettriche per compensare i vantaggi che gli Stati Uniti hanno lungo la filiera dei microchip.
«Di fatto, la competizione strategica tra le prime due potenze al mondo continuerà», avverte Cuscito. Pechino potenzierà ulteriormente l’Esercito popolare di liberazione. E flotta sempre più potente, con Taiwan che resta il principale teatro di confronto con l’America e il Giappone. In tale ambito, il governo cinese potrebbe avvalersi della collaborazione con la Russia.
La guerra in Ucraina ha reso le ‘nuove vie della seta’ più tortuose e ha danneggiato indirettamente il ‘soft power di Pechino’. Tuttavia Mosca è sempre più dipendente dal mercato energetico cinese e quindi disponibile ad accogliere le istanze pechinesi anche nel settore bellico, particolarmente delicato per due potenze confinanti e storicamente rivali.
Nel 2023 il ministro della Difesa Li Shang Fu e diversi funzionari della Forza missilistica e del dipartimento per lo Sviluppo dell’equipaggiamento sono stati estromessi, probabilmente perché coinvolti in un grande caso di corruzione. Segno che l’Epl (l’esercito popolare di liberazione) non è efficiente come vorrebbe Xi.
L’Italia ha abbandonato le nuove vie della seta lo scorso dicembre, scegliendo le tattiche anticinesi dagli Usa. Inoltre, Roma sta stringendo la collaborazione con il Giappone (storico rivale dell’Impero del Centro) in settori fondamentali come sicurezza e difesa. «La sinergia nippo-italiana e l’approdo della portaerei Cavour nella baia di Tōkyō questa estate rientrano nel consolidamento del rapporto tra membri della Nato e partner degli Usa nell’Indo-Pacifico».
Cruciale l’opposizione di Taiwan all’unificazione con la Repubblica Popolare. Un presidente separatista ma in parlamento a maggioranza ‘Kuomintang’, più favorevole alla sintonia con Pechino. «Lo stato non ottimale della Repubblica Popolare sul piano interno e il bisogno di preservare i rapporti con gli Stati Uniti abbassano le probabilità di un tentativo di invasione di Taiwan da parte dell’Epl, ma non bastano per escludere lo scoppio di un conflitto nell’Indo-Pacifico».
Periodici incontri tra navi e caccia americani e cinesi e la presenza militare degli Usa lungo tutta la prima catena di isole che circoscrivono le acque della Repubblica Popolare. Mentre a Taiwan ci sarebbero oltre 200 addestratori statunitensi. Che non sono esattamente gesti di amicizia.
La sfida taiwanese potrebbe legarsi a quella che arriva dalla Corea del Nord, dove Kim Jong-un è alla perpetua ricerca di strumenti per assicurare la sopravvivenza del suo regime dalle potenze circostanti, Cina inclusa. Mentre P’yǒngyang è tornata a svolgere esercitazioni missilistiche e scrive in costituzione che la Corea del Sud è il nemico da battere.
Forse Kim vuole acquisire maggiori leve negoziali con Usa, Cina e Russia mentre sono alle prese con le conseguenze dirette e indirette delle guerre in Ucraina e Medio Oriente. Oppure vuole realmente prepararsi ad attaccare Seoul, ma è lo scenario meno probabile. Tra le preoccupazioni del Drago, noi aggiungeremmo anche le elezioni presidenziali Usa. Incerti sulla tifoseria indiretta di Pechino tra Biden e un redivivo Trump.