Esodo degli armeni dal Nagorno: profughi a crescere e impotenza attorno

Esodo forzato dal Nagorno-Kharabakh lungo il corridoio di Lachin che collega la regione contesa al territorio armeno. E di ora in ora si aggiorna il bilancio e cresce l’allarme. Dal governo armeno: «19mila persone sfollate con la forza hanno raggiunto l’Armenia dal Nagorno-Karabakh». In realtà i numeri della fuga risultano molto più alti: oltre i 40 mila profughi attuali.
Emergenza umanitaria, accuse di pulizia etnica nonostante il governo azero dichiari di voler reintegrare i residenti della zona come «cittadini paritari». Contestata in patria la decisione del premier armeno Nikol Pashinyan di sacrificare il Nagorno-Karabakh per evitare un nuovo conflitto con l’Azerbaijan.

La tragedia letta in politica

Negli ultimi tempi l’Azerbaigian è cresciuto mentre l’Armenia si è isolata. Gli azeri sono diventati una fonte energetica indispensabile per l’Europa e hanno costruito forti legami militari con Israele e Turchia. Mentre Mosca vede questa crisi come un’opportunità per sbarazzarsi di una Armenia che guarda sempre più all’Occidente (recenti manovre militari con gli Usa) e cerca di provocare un cambio di regime.

Diplomazia Ue solo coi soldi

Ieri a Bruxelles un primo contatto fra i rappresentanti di Baku ed Erevan con gli armeni che hanno chiesto sanzioni contro l’Azerbaigian come premessa ad ogni negoziato, bloccando di fatto tutto. Il 5 ottobre a Granada il probabile incontro dei leader dei due Paesi nel quadro del Terzo Vertice della Comunità Politica europea, segnala Luca Geronico su Avvenire. E l’Ue senza diplomazia credibile, ha messo a disposizione 5 milioni di euro per i profughi mentre il commissario estero Borrell ha chiesto un «accesso umanitario internazionale e senza ostacoli nell’enclave».

Opportunismi internazionali

Secondo la Francia, sulla scia Usa, l’esodo dei civili avviene «sotto l’occhio complice della Russia» che ha dispiegato una forza di pace nella regione. Intanto il segretario di Stato Usa ha chiamato di nuovo il presidente azero Aliyev. Ieri la direttrice di Usaid (l’agenzia di cooperazione Usa) Samantha Power ha consegnato una lettera di sostegno del presidente Biden al premier armeno Pashinyan e ha chiesto all’Azerbaigian di «rispettare il cessate il fuoco e di fare passi concreti per proteggere i diritti dei civili in Nagorno-Kharabakh».

Una crisi che sembra scappare di mano con l’Onu che denuncia l’emergenza umanitaria, non sapendo cos’altro fare: «La protezione di tutti i civili deve essere una priorità assoluta. Le persone colpite devono avere accesso all’assistenza umanitaria».

Armenia in disarmo tragedia rovesciata

Il 19 settembre, l’Azerbaigian ha utilizzato la forza militare per riconquistare il territorio popolato dagli armeni del Nagorno Karabakh, attraversando una linea rossa tracciata sia dall’Unione europea che dagli Stati Uniti, sottolinea Mariano Giustino sull’Huffington Post. Che contemporaneamente ricorda come anche l’Azerbaigian sia stato vittima di terribili violenze negli anni ’90. «Nella prima guerra del Karabakh entrambe le parti commisero atti di pulizia etnica, e l’Azerbaigian allora ebbe la peggio».

Centinaia di migliaia di persone cacciate dalle terre conquistate con la forza dall’Armenia che occupò ben sette province azere e parte del Nagorno Karabakh. Con risoluzioni Onu inascoltate sulla liberazione delle terre occupate da Yerevan.

La Russia tradizionale mediatrice distratta

La Russia, fino a poco tempo fa, stretta alleata dell’Armenia e tradizionale mediatrice nel Caucaso, ora impantanata nella sciagurata guerra di invasione in Ucraina non può lasciarsi coinvolgere in una guerra al fianco dell’Armenia, se non per mediare, osserva ancora Giustino. Con l’Azerbaigian che ha visto e usato  l’opportunità sul terreno per rafforzare la sua posizione nei negoziati con Yerevan per gli accordi sullo status definitivo del Nagorno Karabakh e sui confini contesi.

A rafforzare la convinzione di Baku che questo era il momento giusto per mostrare i muscoli a Yerevan, il fatto che la sua influenza sulla Russia era aumentata a causa della necessità di Mosca di assicurarsi l’apertura di rotte di transito verso l’Iran dal momento che ciò può avvenire solo attraverso il Caucaso.

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