Quelli che hanno a cuore la cura per gli altri sono troppo idealisti? Hanno preso troppo sul serio le sorti dei più poveri, degli inermi, degli sconfitti della storia? Hanno sbagliato facendo dell’ingiustizia sociale un problema fondamentale contro il quale perderci il sonno, il lavoro, la vita? Hanno fatto male a studiare, ad approfondire, a cercare di capire, a tentare con ogni arma culturale a disposizione di cambiare il mondo? Fanno male a pensare che i nostri figli hanno il diritto a non vivere come schiavi in un mondo in cui fabbricare sempre più armi è un dogma?
Prendersi cura del bene comune e del futuro di tutti è da perdenti?
Certo non bisogna chiederlo ai vincenti, quelli che se ne fregano e sono i peggiori. Sanno quello che deve essere fatto per avere successo, per fare soldi, per fregare il prossimo, per fare accordi politici, per sfruttare i deboli, per colonizzare i territori, per vendere fumo come fosse un incantesimo, per prendersi il bene comune lasciandoci cenere. I peggiori sono una categoria perfetta. Nessuna attenzione per gli altri, per i bimbi che muoiono di fame o sotto le bombe, per chi non ha tetto, per chi non ha lavoro, per chi soffre, per chi ha paura. È su questo schiacciare il prossimo che si basa il loro potere. Li vediamo in televisione, dominano i consigli di amministrazione, fanno i ministri, si fanno beffe della giustizia sociale, per loro i diritti per tutti sono aiuole da calpestare. E hanno fatto di questo deserto etico un fortino da difendere con ogni tipo di arma, di sicurezza.
E poi ci sono gli altri. Quelli che non si battono nei territori per cambiar il mondo e che non fanno parte della schiera degli aguzzini, dei cinici senza scrupoli. Sono la maggioranza. E in cuor loro sanno qual è la cosa giusta da fare, dove si celano le ingiustizie e dove il potere diventa prepotenza, ma è come se fossero dentro un incantesimo mediatico, in una narrazione tossica di democrazia fraintesa, neoliberismo sfrenato perché non ci sono alternative di sistema, diritti del più forte a sentirsi il più giusto, del più ricco a sentirsi dalla parte della ragione per via del conto in banca e del fatto che può governare l’informazione, del più furbo i propri comodi.
Vorrei fregarmene di tutto e di tutti, conclude il barbiere. Ma non ho i mezzi né l’educazione, o maleducazione necessaria. Vorrei guardare dall’altra parte senza accorgermi di niente, beato nell’ignoranza della catastrofe umanitaria. Oppure vorrei imparare le giuste giustificazioni per ogni efferatezza. Vorrei, ma non posso. Così sono qui, col rasoio arrugginito dei miei desideri a sognare un finale diverso, a sentire il dolore per il dolore che non conosco, rabbia per la rabbia che non conosco.
Come tanti, sopraffatto e inerme, un po’ disperato e troppo legato all’idea che siamo fatti della materia dei sogni e che verranno altri tempi e questi giorni fatti di regole bieche, di mediocri potenti, stupidità belluine saranno cancellati da un vento che ancora ignoriamo.