«La guerra d’Ucraina ha rinnovato in molti il mai sopito desiderio di assistere un giorno al definitivo crollo della Federazione Russa che considerano l’ultimo impero coloniale ancora in piedi in questa parte di mondo», la spiegazione chiave di Mauro De Bonis su Limes. La visione, ‘disfatta dell’esercito di Mosca alla successiva disgregazione del paese più vasto del pianeta’. In attesa dell’improbabile, si inventano nuove entità statuali completamente indipendenti, oppure parti dell’ormai ex dominio assegnate a trepidanti vicini di casa. Tra i sostenitori più accaniti di quest’ultimo disegno Kyrylo Budanov, capo dell’intelligence militare ucraina (Hur).
Una decolonizzazione sperata di parte occidentale, con in testa gli Stati Uniti. E un piano d’azione per accompagnare e attutire ‘gli effetti della frantumazione’, inventata. Più giochi di guerra che analisi, ma questo offre la situazione. «Frantumazione che tenga conto degli interessi occidentali una volta che il colosso avrà cessato di occupare buona parte dell’Eurasia». Tra fantasia e stupidità.
Il collasso della Federazione richiama scenari apocalittici per l’incerto destino dell’arsenale atomico russo, possibili lotte intestine per confini da assegnare, conflitti e avvicendarsi di leader che possono risultare anche più duri dell’attuale. E come fa notare la studiosa Marlène Laruelle, sostenerlo denota scarsa conoscenza della società russa.
Molto prima dell’invasione dell’Ucraina, carte e previsioni su come la Federazione Russa avrebbe potuto/dovuto essere divisa dopo la fine dell’era El’cin circolavano in gran quantità. Da fonti incerte, altre meno. A inizio secolo un rapporto della Cia prevedeva entro il 2015 lo spezzettamento del paese in diversi Stati. Tesi parzialmente ripresa da un sito ucraino nel 2014, con territori che diventeranno indipendenti e altri parte di Stati vicini, come la Siberia che sarà cinese.
Il capo dell’intelligence di Kiev offre due opzioni sul destino della Federazione: divisione del territorio nemico in più parti o preservazione dell’integrità territoriale se l’attuale leadership russa lascerà il potere. Convinto della vittoria, il generale chiarisce che Mosca dovrà restituire i territori occupati in Ucraina e quelli che tiene sotto controllo in altri paesi ex sovietici, come Georgia e Moldova. Abbinata alle sue dichiarazioni viene pubblicata anche una carta dal titolo: «Come può cambiare la mappa politica del mondo dopo la sconfitta della Federazione Russa. Previsioni e ipotesi Hur».
In una carta diversa, il pennarello le assegna direttamente a Kiev: territori russi di confine delle regioni di Brjansk, Kursk, Orel, Belgorod, Voronež e Rostov, del territorio di Krasnodar e della Repubblica di Adighezia. Quelli di Budanov sulla mappa non sono soltanto scarabocchi, sostiene Mauro De Bonis ma rispecchiano il desiderio di molti ucraini. Ma anche in Occidente cresce il numero di chi vuole chiudere la partita con Mosca. Sulle pagine di The Hill, l’analista inglese Janusz Bugajski sostiene che un impero sempre più centrato su Mosca e sulle direttive del Cremlino va incontro alla rabbia delle periferie. «Lavoro per la Nato, che deve prepararsi a gestire le minacce che il collasso russo potrà innescare».
Anche il generale Ben Hodges, già a capo dell’esercito statunitense in Europa prevede il crollo della Federazione, che può però trasformarsi in un evento violento e incontrollabile, col problema di gestire le testate nucleari sotto controllo di Mosca. L’ex ministro degli Esteri polacco, Anna Fotyga, ammette che la dissoluzione della Russia può comportare dei rischi ma che saranno meno critici di quelli che si avrebbero lasciando ancora in vita l’impero di Putin. Per la ‘Commissione per la sicurezza e la cooperazione in Europa’, agenzia governativa Usa con parlamentari e funzionari di vari dipartimenti, diventa «imperativo morale e strategico». Obiettivo non solo auspicabile ma fattibile, «appena Mosca uscirà con le ossa rotte dalla guerra in Ucraina.
Lo stesso presidente Putin denuncia che l’unico obiettivo dell’Occidente è quello di cancellare dal mappamondo la Federazione Russa così com’è oggi. La Komsomol’skaja Pravda non ha dubbi: i piani di distruzione della Federazione Russa somigliano a quelli del Führer e se non contrastati, spiega l’esperto intervistato dal giornale russo, possono determinare una tragedia ben più grave di quella occorsa con la caduta dell’Unione Sovietica. «In fondo, l’Occidente non capisce come funziona da noi, spiega, dove per sviluppare e tenere insieme il vastissimo territorio, con storia e cultura comuni, è necessaria una rigida verticale del potere».
Il pericolo che si corre a minare l’integrità di una grande potenza nucleare. Di altro tenore l’analisi proposta dalla Novaja Gazeta, la testata non certo preferita dal capo del Cremlino, e non certo all’Occidente, «che non è interessato al crollo della Federazione proprio come non lo era a quello dell’Unione Sovietica», afferma Limes. «Gli scenari post-crollo possono risultare terrificanti, con scontri e conflitti e conseguente fuga in Europa di decine di milioni di persone; nascita di tanti piccoli feudi assegnati ad altrettanti feroci Putin, con una riunificazione finale di certo non democratica».
Il paese più vasto del mondo è anche quello tra i meno abitati, ma degli oltre 145 milioni di persone che ci vivono circa l’80% è russo. E delle 21 repubbliche etniche solo 6 contano una maggioranza della nazionalità titolare. In alcune, invece, quella russa è schiacciante. E i confini che delineano le entità della Federazione sono spesso frutto di divisioni di sovietica memoria. E possono ingannare sul potenziale di autonomia interna, come per la repubblica di Carelia, spostata in Finlandia nella mappa del generale Budanov dove, in realtà, l’82% degli abitanti è russo col solo 7% di careliani relegati in 3 dei 17 distretti in cui è spartita.
Ma, secondo molti analisti, le minoranze etniche non si battono per la secessione e nelle loro repubbliche si registra un forte senso di attaccamento alla Federazione Russa. Probabile che alla lotta per l’indipendenza preferiscano maggiore autonomia culturale e politica. Anche perché non amano più dei russi democrazia e valori occidentali. Inoltre, è stato sviluppato un sistema di dipendenza finanziaria delle periferie dal centro difficile da scardinare, che epidemia e guerra hanno reso ancor più rigido.
«Gli scenari che possono seguire a una dissoluzione della Russia restano per lo più catastrofici. Oltre all’incerto destino delle migliaia di ordigni nucleari, difficilmente l’élite al potere permetterà senza combattere di veder smembrare il paese», la conclusione della lunga analisi e ricostruzione storica ospitata su Limes.
«Pochi i segnali che arrivano dalle periferie sovrastati dal rumore assodante dei tamburi di guerra».