La settimana scorsa l’esercito di Pyongyang aveva testato un missile balistico intercontinentale a carburante solido, anche in questo caso una novità assoluta. Gli specialisti spiegano che il carburante solido è più facile da usare rispetto a quello liquido impiegato finora, dunque permette di velocizzare i preparativi per il lancio e rendere il missile più difficile da individuare in tempo. «Dall’inizio dell’anno scorso la Corea del Nord ha effettuato più di cento lanci di missili di diverse categorie, un modo per mettere alla prova gli armamenti e migliorare le tecnologie, le strutture di comando e il coordinamento delle forze armate. Si tratta di un record, oltre che di un’attività severamente vietata dalle risoluzioni del Consiglio di sicurezza dell’Onu. Ma la Corea del Nord non se ne cura», sottolinea Haski rilanciato su Internazionale, ma non è certo la sola, aggiungiamo noi, pensando al Medio oriente tra le troppe parti del mondo senza garanzia di diritto.
La strategia messa a punto dalla famiglia Kim, analizza Haski, si basa su un programma nucleare e balistico che ha fatto passi da gigante durante il regno di Kim Jong-il, padre dell’attuale leader, ma che è stato accelerato molto dal figlio. Considerazione facile ma reale, altri dittatori senza difesa nucleare, a troppo insistere sono morti. L’atomica come difesa personale, e voler esagerare, ma non troppo. E ci viene ricordato che la Corea del Nord ha già effettuato tre esperimenti nucleari accertati, e questo la rende una potenza nucleare di fatto. «È presumibile che Pyongyang non accetterà mai di tornare indietro, dato che si è anche dotata di una vasta gamma di missili e di un esercito informatico temibile. Il satellite spia ha completato questo dispositivo militare che fagocita una parte considerevole delle risorse di un paese che non ha equivalenti al mondo».
Finora si poteva pensare che il regime volesse solo assicurare la propria sopravvivenza e ottenere la cancellazione delle sanzioni economiche, e i più attenti analisti, Haski compreso, nonostante le apparenze e una retorica guerrafondaia, ritengono che la Corea del Nord non si stia preparando necessariamente alla guerra. «Pyongyang segue un duplice approccio, il cui primo obiettivo è la dissuasione: l’arsenale nordcoreano rappresenta una sorta di assicurazione sulla vita nel contesto della paranoia del regime rispetto ai suoi nemici storici, gli Stati Uniti e la Corea del Sud. La seconda dimensione è più complessa. In sintesi, il regime di Kim vuole essere preso sul serio».
L’esempio di quando, nel 2018-2019, Kim Jong-un ha moltiplicato le provocazioni militari prima di tendere la mano a Donald Trump. Quella dinamica ha prodotto i bizzarri vertici tra Kim e Trump, una ‘luna di miele’ che si è conclusa senza alcun risultato quando gli Stati Uniti si sono rifiutati di firmare un accordo senza garanzie di una denuclearizzazione. «Dopo la rottura, Kim ha ripreso la retorica aggressiva e i preparativi militari, un lungo cammino per dimostrare la sua capacità di nuocere». Ma siamo ancora al passato. Oggi, nelle Mutate situazioni strategiche proprio nel mar cinese e coreano, il riarmo coreano resta ancora legato all’autodifesa?
«È possibile che oggi, con il sostegno concreto fornito alla Russia e le tensioni sino-americane sempre più forti, la Corea del Nord abbia rivisto le proprie ambizioni al rialzo? Forse Pyongyang ritiene di fare parte di un fronte di opposizione più attivo? Se così fosse, sarebbe sicuramente una realtà inquietante». Situazioni tese attorno. Nell’isola giapponese di Hokkaido la settimana scorsa hanno cercato riparo nei rifugi perché un missile sembrava dirigersi verso di loro. Alla fine il missile è precipitato nel mar del Giappone.
Peggio, la Corea del sud, il cui presidente Yoon Suk Yeol in visita negli Usa annuncia che Seul, forzando la sua Costituzione, è pronta a fornire armi a Kiev. Con replica di Mosca su nuove armi russe al coreano del nord.