
La Commissione europea ha immediatamente redarguito sia Varsavia sia Budapest per «misure unilaterali in materia di derrate alimentari, quando le politiche doganali, commerciali e agricole sono di competenza esclusiva dell’Ue». Ma contro la burocrazia vince Budapest, con i dati sulla contaminazione da tossine e ogm dei cereali importati dall’Ucraina. Prima la sanità pubblica sulle normative comunitarie del libero commercio.
La situazione si fa rischiosa per le strutture comunitarie, poiché altri Stati mitteleuropei penalizzati dall’esecutivo Ue potrebbero prendere decisioni autonome. La vasta protesta a Praga contro il carovita e la politica filo ucraina del governo Fiala – rileva Limes-, «è cartina di tornasole dell’umore dei popoli dell’Europa centro-orientale, tanto russofobi quanto sensibili alla conservazione di un relativo benessere». Oltre al conflitto armato, in Ucraina si consuma una guerra economica sui beni di consumo primari.
Le proteste degli agricoltori dal Baltico al Mar Nero mettono in dubbio la compattezza del sostegno mitteleuropeo a Kiev. E rischiano di danneggiare ulteriormente la già fragile economia del paese invaso.
Sul Manifesto, Anna Maria Merlo, rileva come la decisione presa dalla Ue a favore di Kiev nel maggio del 2022 per un anno, sta arrivando a scadenza. E tutte le molte contraddizioni interne Ue e nei singoli Paesi coinvolti, stanno esplodendo di fronte a questa guerra e questi secrifici senza fine. Le produzioni agricole ucraine, che sulla carta sono destinate a paesi terzi, hanno fatto però crollare i prezzi interni dei paesi limitrofi, oltre a portare alla saturazione dei silos. Con conseguenze politiche interne non trascurabili.
In Polonia all’inizio del mese si è dimesso il ministro dell’Agricoltura e la crisi rischia di far traballare il Pis, il partito al potere, che tra qualche mese deve affrontare le elezioni che nel 2019 aveva vinto grazie al voto rurale.
«La Polonia è tra i paesi che si sono impegnati di più per fornire armi e accogliere rifugiati. Ed è quello che più preme, nella Ue, per spingere ad aumentare gli aiuti all’Ucraina in materia di armamenti e per aggravare le sanzioni contro la Russia». Ma, sottolineano a Bruxelles, «quando si tratta di difendere i propri interessi, Varsavia dimentica la solidarietà».
«In realtà, la manovra di questi paesi è un mezzo per far pressione sulla Ue e ottenere un aumento degli aiuti: c’è già stato un primo pacchetto di 50 milioni di euro per gli agricoltori dalla Riserva per le crisi agricole, e un secondo è allo studio». Bruxelles ha chiesto un po’ di tempo per «valutare» la situazione e raccogliere maggiori informazioni. Spagna e Olanda hanno subito protestato per questo blocco: i due paesi sono importatori di cereali dall’Ucraina per l’alimentazione animale. Solo ieri, Sergio Mattarella in visita a Varsavia aveva esortato il presidente polacco Andrzej Duda a non lasciare sola l’Ucraina.
Il blocco dell’export, che chiude la strada per far uscire i cereali dall’Ucraina, rischia di avere conseguenze gravi per la sicurezza alimentare di varie parti del mondo. Anche se la produzione agricola dell’Ucraina, storicamente un granaio mondiale, è in calo a causa dell’invasione (dai 60 milioni di tonnellate esportate nella campagna 2019-2020, ai 47,5 milioni per il 2022-2023 e ribasso previsto a 40 milioni per il 2023-2024). Ma il 30% dell’export di cereali e ‘oleaginosi’ ucraini va al mercato europeo, il 30-35% all’Africa e il 40% all’Asia. Per molti paesi dipendenti, per esempio l’Egitto o la Giordania, c’è forte preoccupazione.
L’Argentina soffre di un’importante siccità, mentre il Brasile già si propone per il mais. Per Kiev l’export di prodotti agricoli è importante, anche se con la guerra, il reddito è diminuito anche per l’aumento dei prezzi di produzione, dall’energia alla logistica.