
Putin in Asia guardando all’Occidente come nemico. E subito l’attacco. L’alta richiesta di energia nel mondo, e le conseguenze di un tetto europeo al prezzo del gas russo: «Non venderemo loro più nulla: gas, petrolio, carbone e gasolio. Non sono nella posizione di poter dettar legge». Il capo del Cremlino ha poi reso noto l’accordo tra Russia e Cina per regolamentare il crescente interscambio economico nelle rispettive valute (rubli e yuan) senza più ricorrere alle “monete compromesse” occidentali (euro e dollari).
La Russia non subisce più l’iniziativa euroatlantica di disaccoppiamento delle sfere di influenza (Occidente e Russkij mir) sul Vecchio Continente, ma ne diventa parte attiva, traduce politicamente Mirco Mussetti su Limes. Il come lo viviamo tutti noi già sulle bollette e siamo solo all’assaggio. «Minacciando di sospendere le forniture energetiche e promuovendo una sostenuta de-dollarizzazione, Mosca comunica al mondo che il «rapporto privilegiato con l’Europa è concluso».
Nuove opportunità per quelle nazioni in via di sviluppo che vogliano bussare alla porta del Cremlino, fa intendere Putin che così legge il mondo in carca di nuovi alleati. L’inevitabile deindustrializzazione dei paesi manifatturieri occidentali può giocare a favore delle potenze emergenti anche nella realizzazione di prodotti tecnologici di qualità. L’accesso alle preziose materie prime russe – non solo energetiche – sarà dettato da condizioni politiche più che da regole di mercato.
Se nei primi sei mesi di guerra in Ucraina la Russia ha moltiplicato le vendite di risorse minerarie come alluminio e nickel verso Stati Uniti e Unione Europea (+70%), finanziando di fatto la campagna bellica occidentale, ammette Putin. Il rovescio di ciò che accade col gas russo per noi europei che finanziamo l’altra parte in guerra. Ma Putin asiatico, tra proposta e minaccia, dice che le materie più ambite potrebbero ora essere dirottate su altri mercati mondiali. Di cosa stiamo parlando?
Il neon, gas nobile essenziale per la produzione di microchip: con la cessazione della sua lavorazione nelle città portuali ucraine di Odessa e Mariupol’, la Russia consolida il proprio ruolo di leader mondiale del gas raro. Aggravando dunque la crisi dei microchip che colpisce anche l’Occidente a vantaggio dell’«amica senza limiti» – la Cina – che potrà continuare ad approvvigionarsi dalla Federazione Russa senza alcuna restrizione.
Le aziende manifatturiere occidentali potranno (forse) triangolare attraverso Pechino ricorrendo alla moneta del nemico attuale (rublo russo) e del rivale futuro (yuan cinese). A dimostrazione che la globalizzazione è già finita, sostiene Putin a Vladivostok: «il ‘libero mercato’ plasmato a immagine e somiglianza della superpotenza americana cede rapidamente il passo al mercantilismo, la normalità geo economica dei sistemi multipolari». Ma non tutti la pensano così.
Il leader del Cremlino ammette che in alcuni settori economici e in determinate parti del Paese ci possono essere difficoltà, scrive l’agenzia economica Usa Bloomberg, che sostiene di aver letto un documento segreto del governo russo secondo il quale la decrescita del prodotto lordo russo è assai più grave di quella indicata dai dati pubblici. E che la Russia –sanzioni permanendo-, potrebbe addirittura non ricominciare a veder crescere la sua economia prima del 2030.
Il leader cinese Xi Jinping incontrerà Vladimir Putin in Uzbekistan la prossima settimana. Sarà il primo viaggio all’estero dal gennaio 2020 per il presidente della Repubblica Popolare Cinese. L’interlocutore e il luogo dell’incontro rappresentano un riconoscimento simbolico del legame con la Russia – e degli interessi cinesi in Asia Centrale. E accade alla vigilia del decisivo congresso del partito comunista cinese per il terzo mandato di Xi al comando.