«Aspettiamo i voti veri, poi parleremo», si affannava a ripetere ieri sera il ministro Meir Cohen, vicino al premier Yaor Lapid. Ma la più alta affluenza alle urne, 66,3% alle ore 20, registrata in Israele da 22 anni a questa parte ha dato al blocco di destra la maggioranza che Benyamin Netanyahu cercava per riprendersi la poltrona di primo ministro, scrive Michele Giorgio sul Manifesto. «Non solo Netanyahu ma il trionfo della destra più visceralmente estremista e razzista».
«Sionismo religioso, la lista elettorale guidata da Bezalel Smotrich e Itamar Ben Gvir che in Europa verrebbe facilmente etichettata come neofascista, ha conquistato 14-15 seggi, il doppio di quelli conquistati nel 2021. Già fondamentalmente di destra, Israele con Sionismo religioso terza forza alla Knesset, si allinea, anzi supera per estremismo, alcuni dei paesi europei». Il successo del blocco pro-Netanyahu è reso ancora più ampio dal fallimento parziale dei partiti arabi. Il partito Tajammo/Balad, sceso in campo da solo, avrebbe fallito per pochi voti l’ingresso in Parlamento. Un dato che ha favorito il raggiungimento della maggioranza di destra.
La stella della destra comunque non è più Netanyahu. Il fuoriclasse di queste quinte elezioni si è confermato Itamar Ben Gvir. Attivissimo ad esortare i suoi sostenitori, in gran parte giovani, ad aiutare a dare vita al governo in cui intende far parte come ministro della sicurezza pubblica, «incarico che gli permetterà di approvare misure senza precedenti contro i «nemici», i palestinesi in Israele e nei Territori occupati. E anche di proporre leggi e provvedimenti per limitare i diritti civili e delle minoranze e l’autonomia dei giudici», ancora da Michele Giorgio.
«Questa è una sirena di allarme»: con questo titolo in ebraico e in arabo, il quotidiano liberal-progressista Haaretz ha voluto sottolineare il rischio che «forze anti-democratiche, che vogliono plasmare Israele a loro piacimento» riescano a formare un governo. «Si tratta di un pericolo immediato», ha avvertito il direttore del giornale.
La partecipazione al voto più bassa tra i cittadini arabo israeliani (21% della popolazione) rispetto alla maggioranza ebraica diventata decisiva. Nel sistema elettorale israeliano, le oscillazioni della partecipazione araba al voto influenzano sempre i risultati del blocco delle destre, poiché gli arabi votano per i loro quattro partiti o per i partiti del centrosinistra.
L’elevata affluenza degli israeliani ebrei ha fatto salire il numero minimo di voti per entrare nella Knesset da 145mila a circa 160mila. Amaro il commento del giornalista, Jack Khoury. «Dal 2015 agli arabi è stato più volte chiesto di votare sostenendo che si trattava di elezioni cruciali. Ma gli elettori arabi sono stufi di tali dichiarazioni». Molti palestinesi d’Israele ieri hanno disertato le urne, ha spiegato Khoury, perché pensano che il loro voto sia inutile.
L’ingresso di un partito arabo, Raam, nel governo Lapid, ha sottolineato, invece di aiutare a rendere più inclusiva la società israeliana ha prodotto una crescita senza precedenti dell’estrema destra, sottolinea il Manifesto.