Non cessa mai di sorprendere l’incredibile abilità manovriera di Recep Tayip Erdogan. Dopo essere stato ai ferri corti per anni con il presidente siriano, Bashar al-Assad, ora il “sultano” turco sta cercando di giungere a un accordo con il grande nemico.
Occorre rammentare, infatti, che la tensione tra i due Stati è sempre stata molto forte sin dall’avvento di Erdogan al potere, e che più volte gli analisti hanno avvertito circa una possibile invasione turca del Paese vicino.
A dividere Ankara e Damasco sono le rispettive reti di alleanze e il problema curdo che le accomuna. Il regime alawita di Assad è sostanzialmente laico, anche se non disdegna l’aiuto militare degli ayatollah iraniani e degli Hezbollah libanesi. Proprio loro, in collaborazione con le truppe speciali di Teheran, hanno consento ad Assad di resistere all’Isis e di riconquistare gran parte del territorio in precedenza perduto.
Naturalmente l’altro grande alleato di Damasco è la Russia, che in Siria ha anche importanti installazioni militari, per esempio la base navale di Tartus. Si noti, comunque, che la rete di alleanze della Siria sembra fatta apposta per preoccupare Washington.
Federazione Russa e Iran sono infatti nemici dichiarati degli Stati Uniti, il che si riverbera anche sul regime di Assad, di per sé non particolarmente ostile all’Occidente. Ma Bashar ha continuato la tradizionale politica filo-russa di suo padre, Hafiz al-Assad, che era uno dei più stretti alleati della ex Unione Sovietica in Medio Oriente.
Naturalmente uno si chiede per quale motivo Erdogan vuole ora riavvicinarsi alla Siria di Assad. Pur con molte incertezze Ankara è pur sempre un membro chiave della Nato, impegnata contro la Russia in Ucraina e non certo favorevole al regime teocratico di Teheran.
Per rispondere non basta ricorrere all’abilità manovriera del leader turco, che si potrebbe anche definire come cinismo a tutti gli effetti. In realtà Erdogan dovrà quest’anno affrontare le elezioni politiche, e quindi il giudizio degli elettori, in condizioni difficili. Può vantare successi diplomatici, ma la situazione economica è pessima, con un altissimo tasso d’inflazione.
Il “sultano” cerca quindi l’accordo con il vecchio avversario per spingere almeno parte dei milioni di profughi siriani, attualmente rifugiati in territorio turco, a fare ritorno in patria. Vuole inoltre la garanzia che Damasco non darà alcun appoggio ai gruppi armati curdi che hanno base nel nord della Siria.
Tutto questo per la gioia di Putin e per preoccupare ancor più gli americani, che appoggiano i curdi. Senza scordare che in Siria è ancora presente l’Isis, che ha combattuto contro Assad mentre ha sempre potuto beneficiare di una certa neutralità da parte di Ankara.
Si tratta ora di vedere se le giravolte geopolitiche del “sultano” gli gioveranno sul piano elettorale, consentendogli di restare al potere. I sondaggi non gli sono molto favorevoli, anche se i nazionalisti potrebbero appoggiarlo riconoscendogli il merito di aver riportato la Turchia al centro della diplomazia mondiale.