
Nel 2022 l’Italia cresce così più della Germania (+1,5%) e della Francia (+2,5%). Nel nostro Paese la ripresa dei servizi turistici e della produzione industriale nella prima metà del 2022 ha contribuito a previsioni di crescita del 3,2% che è attesa a “rallentare fortemente” nel 2023, sino a quel sottozero, -0,2, per l’anno che ci aspetta, sempre di guerra sperando solo ‘convenzionale’, e sempre di crisi energetica. Auguri a tutti noi e al nuovo governo che faticosamente si sta preparando a raccogliere l’eredità del segno meno a partire da gas ed elettricità per arrivare a posti di lavorio per aziende costretta a chiudere per energia troppo costosa. Sperando che il Covid, almeno lui, non si riaffacci con troppa prepotenza.
Per il 2023 previsioni negative anche per Germania e Francia, ex locomotive continenali. Il Fmi stima che il Pil della Germania si contrarrà dello 0,3% (-1,1 punti percentuali rispetto alle previsioni di luglio) dopo aver segnato un povero +1,5% nel 2022 (+0,3 punti). La Francia invece dovrebbe crescere del 2,5% quest’anno (+0,2 punti) e del modesto ma sempre positivo 0,7% del prossimo anno. Frenano anche la Spagna e la Gran Bretagna. L’economia britannica crescerà dello 0,3% nel 2023 (-0,2 punti) e quella spagnola dell’1,2% (-0,8).
Sempre FMI dall’agenzia Ansa: «Più di un terzo dell’economia globale si contrarrà nel 2023, mentre le tre maggiori economie – Usa, Cina e Unione Europea – continueranno lo stallo». In breve, «il peggio deve ancora venire e per molti il 2023 sarà avvertito come recessione”, afferma il capo economista del Fmi Pierre-Olivier Gourinchas, sottolineando come la guerra in Ucraina continua a destabilizzare con forza l’economia globale».
Anche Confindustria prevede un 2023 a crescita zero verso la recessione, dati dall’agenzia Agi. «Colpa dello shock energetico da 110 miliardi, “insostenibile per le imprese italiane”, e un’inflazione record abbattono le prospettive per l’economia». Dopo il lontano FMI con sede a Washington, lo scenario del Centro Studi Confindustria di casa che va confermare nel suo rapporto di previsione d’autunno. Nello scenario base, ovvero quello in cui la Russia non si ritira dai territori ucraini occupati ma non è previsto un razionamento del gas ma solo rincari alle stelle.
«Con la corsa dei prezzi del gas, i costi energetici delle imprese italiane dovrebbero aumentare di 110 miliardi di euro nella media del 2022. L’incidenza dei costi energetici che sale da 4,6% a 9,8%, livelli insostenibili nonostante un rialzo dei prezzi di vendita e una profonda riduzione dei margini delle imprese». Crescita nulla nel 2023 con una significativa revisione al ribasso. Perdono slancio anche gli investimenti delle imprese, soprattutto quelli del settore costruzioni che hanno fornito il contributo maggiore finora, anche grazie al significativo impulso dei bonus edilizi.
Secondo gli esperti di Confindustria, l’effetto finale per l’economia italiana nel caso in cui la Russia bloccasse del tutto l’erogazione di gas e il prezzo dovesse schizzare, sarebbe una minore crescita annua del Pil dello 0,4% nel 2022 e dell’1,2% nel 2023, con un impatto cumulato di -1,5% nel biennio, che frenerebbe il mercato del lavoro con 294mila occupati in meno nel biennio. Confindustria teme una carenza di offerta di gas in Italia al 7% della domanda, con impatti rilevanti sul settore industriale. Al contrario, nel caso in cui si riuscisse a imporre un tetto di 100 euro al prezzo del gas, il Pil guadagnerebbe l’1,6% nel biennio e l’occupazione crescerebbe di 308mila unità nello stesso periodo.
Secondo le previsioni degli industriali, «il terzo trimestre registrerà un rallentamento, anche fisiologico dopo il sorprendente secondo, mentre il prodotto scenderà tra il quarto trimestre del 2022 (-0,6%) e il primo del 2023 (-0,3%)». “Nel quarto trimestre 2022 (ora), si manifesteranno gli effetti negativi dell’aumento dei prezzi dei prodotti energetici”. Per Confindustria, l’inflazione resterà a livelli “record” nel 2022 per poi scendere nel 2023. In media, si assesterà al +7,5% (da +1,9% nel 2021). Nel 2023, è attesa in discesa, al +4,5% in media, per l’esaurirsi graduale dell’impatto del rincaro di petrolio e gas naturale sulla variazione dei prezzi energetici.
La spesa delle famiglie italiane dovrebbe rimanere sostanzialmente piatta (-0,1%) nel 2023 (come FMI). Lettura italiana: «Le famiglie restano molto prudenti nelle decisioni di spesa e l’extra risparmio non sarà sufficiente a finanziare le spese anche negli ultimi mesi del 2022 e nel 2023, in parte perché non può essere tutto immediatamente speso, in parte perché è eroso dall’inflazione (circa 13 miliardi), in parte perché concentrato tra le famiglie più abbienti».
Perciò, a causa di prezzi alti e riduzione del potere d’acquisto delle famiglie, in questo finale del 2022 è atteso un significativo indebolimento dei consumi, molto ‘Natale in bianco’, destinati a rimanere sostanzialmente piatti nel 2023.