Elisabetta erede di Vittoria. Dalle radici del ‘900 al terzo millennio

Da metà ottocento agli inizi del novecento, l’impero coloniale britannico dominava mezzo mondo e imponeva le sue regole. Supremazia garantita dalla Royal Navy che impose la Pax Britannica tra le grandi potenze, ottenendo il consolidamento e l’espansione economica, coloniale e industriale soprattutto del regno della giovane regina Alexandrina Victoria. Fu «L’Era vittoriana».
Forse più travagliato il regno dalla scomparsa regina Elisabetta II, praticamente senza impero e alla guida di un Regno ridotto a isola, Unito sotto la sua corona più per simbolo che per reale appartenenza.
Nel troppo parlare mediatico sulla regina scomparsa, noi scegliamo di ricordare l’antenata che storicamente e non solo, più le assomiglia. Omaggio e utile memoria.

George William Joy, The Bayswater Omnibus, 1895

Vittoria, modello assoluto

Alexandrina Victoria divenne regina appena diciottenne nel 1837 alla morte di Guglielmo IV. La successione era stata complessa. Vittoria era diventata erede al trono dopo la morte di tre zii che non avevano avuto discendenti, mentre a corte si tessevano quotidianamente trame di ogni genere per favorire altri pretendenti. Nel 1840 fu celebrato il matrimonio con il principe Alberto di Sassonia-Gotha-Coburgo, appartenente a una gloriosa casata tedesca, che però non brillava per grandi ricchezze: nonostante non si possa dire che si sia trattato di un matrimonio del tutto congegnato ‘ad arte’ – come del resto avveniva normalmente – il rapporto con Alberto fu però molto solido, anche se il consorte tedesco dovette rivestire un ruolo particolare accanto alla sovrana.
La prima figlia, Vittoria, nacque nello stesso anno del matrimonio e seguirono altri otto figli, tra i quali Edoardo, il futuro re Edoardo VII, nel 1841 che divenne il principe di Galles. Dopo la morte del principe Alberto nel 1861, la regina cadde in una profonda depressione che coinvolse tutta corte. Fu in questo periodo che, per sfuggire all’atmosfera di Londra, Vittoria cominciò a soggiornare per periodi sempre più lunghi a Windsor e nel castello scozzese di Balmoral. In questo ambienti ritirati e immersi nella natura, Vittoria riceveva e vagliava con attenzione i rapporti dei primi ministri che governavano l’impero e soprattutto dando origine ad un modello di sovrano britannico riservato ed amante della natura ancora oggi vivo.

Luci ed ombre

Passato alla storia come «età vittoriana», il regno di Vittoria resta senza dubbio un periodo di grande sviluppo industriale, economico, culturale, politico e militare per la Gran Bretagna e l’impero inglese, periodo in cui tuttavia non mancarono acute contraddizioni. Londra divenne una città moderna, la capitale mondiale – seconda solo (forse) alla splendente Parigi –, ma in alcuni quartieri della città le condizioni di vita erano misere, per non dire squallide. Aumentava quasi ovunque il livello di istruzione dei ceti popolari, ma continuavano a persistere piaghe sociali come il lavoro dei bambini in fabbriche e miniere.
La morale imperante imponeva un aiuto paternalista agli indigenti, ma nella vicina Irlanda una carestia di proporzioni bibliche provocò decine di migliaia di vittime, spingendone altre all’emigrazione in America, senza che i grandi latifondisti o lo stesso governo inglese se ne preoccupassero eccessivamente.
Il sistema parlamentare si perfezionava e si sviluppavano la democrazia e la libertà di pensiero, ma da questi progressi erano comunque escluse le colonie, dove il semplice colore diverso della pelle determinava il destino di milioni di persone. Erano bandite persino le allusioni ai rapporti tra uomini e donne ed affrontare determinati argomenti era tabù, ma nell’alta società scandali ed adulteri erano più che frequenti, come vigessero due morali: una vittima fu lo scrittore Oscar Wilde che subì una pesante condanna per omosessualità scontando una pena talmente dura che ne provocò la fine a tre anni dalla liberazione.

Lo zio d’Europa

Il lungo regno di Vittoria impose un’attesa altrettanto lunga all’erede al trono che divenne re nel 1901 all’età di sessant’anni assumendo il nome di Edoardo VII. La politica matrimoniale che aveva caratterizzato il periodo precedente cominciò a funzionare per il semplice fatto che Edoardo poté presentarsi nelle varie corti europee anche come ‘lo zio inglese’ bonario e pacificatore. La madre del Kaiser Guglielmo II era infatti una sorella del re inglese e la madre dello Zar di Russia Nicola era una sorella della moglie di Edoardo, mentre altre parentele tra le case regnanti europee si imperniavano invece sui Sassonia-Gotha-Coburgo, famiglia cui apparteneva il principe Alberto, padre di Edoardo e scomparso marito della regina Vittoria.
Indubbiamente i buoni uffici di Edoardo – anche se tenuti rigidamente separati dalla politica ufficiale britannica – ottenerono apprezzabili successi diplomatici, come una memorabile visita a Parigi che sanò definitivamente le incomprensioni franco-britanniche e gettò le basi di una solida alleanza, mentre i due augusti nipoti nutrirono nei confronti dello zio sentimenti personali contrastanti: il Kaiser non mancò in diverse occasioni di accusarlo di essere il principale nemico della Germania avendo sostenuto proprio l’alleanza franco-britannica e lo Zar di Russia, isolato in un mondo a se (come del resto del resto il suo immenso impero), guardava con sospetto le sue tendenze modernizzatrici ritenute troppo britanniche.
Se è vero in conclusione che Edoardo giocò un ruolo importante nelle relazioni internazionali del suo tempo, è altrettanto vero che cominciarono a svilupparsi le alleanze e le divisioni che, mettendo fine bruscamente alla ‘belle epoque’, condussero alla Prima Guerra mondiale.

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