
Da Limes, carta di Laura Canali
Il conflitto nelle acque internazionali del mar Rosso, via marittima strategica. E Pierre Haski fa rilevare il dettaglio sfuggito ai più, «Dal 7 ottobre, giorno in cui Hamas ha attaccato Israele, gli huthi hanno fatto parlare di loro nonostante la distanza tra lo Yemen e il fronte di Gaza. Tutto è cominciato con il lancio di missili in direzione del sud di Israele, intercettati dagli statunitensi. Poi sono arrivati gli attacchi contro imbarcazioni israeliane o sospettate di avere legami con Israele».
I fatti più rilavanti e noti. Il 3 novembre almeno tre navi mercantili sono state attaccate nel mar Rosso da missili balistici. I missili hanno provocato pochi danni e nessuna vittima. Tre droni sono stati intercettati e distrutti dalla marina statunitense, presente in forze nella zona da Suez al Golfo persico (una flotta poderosa anche con navi italiane di supporto).
Gli huthi hanno rivendicato gli attacchi, affermando di voler impedire il passaggio alle navi israeliane fino a quando durerà la guerra a Gaza. Le navi colpite il 3 dicembre battevano bandiera panamense, ma il proprietario di almeno una di loro è israeliano. Nei giorni precedenti erano state attaccate diverse imbarcazioni. Una nave cargo israeliana che trasportava auto è stata sequestrata e portata nel porto yemenita di Hodeida.
Attraverso queste azioni, gli huthi ribadiscono la loro appartenenza al cosiddetto ‘Asse della resistenza’, il nome usato dai gruppi che si oppongono a Israele e sono sostenuti dall’Iran, tra cui Hamas, la Jihad islamica palestinese, il movimento libanese Hezbollah, alcune fazioni filosiriane e alcune milizie sciite irachene, precisa Haski, riportato da Internazionale.
Gli huthi, è un gruppo armato sciita, che combatte da quasi dieci anni -utile ricordare-, «e hanno trascinato lo Yemen in una guerra civile dopo la primavera araba del 2011. Il conflitto ha assunto una dimensione internazionale con il coinvolgimento dell’Arabia Saudita e degli Emirati Arabi Uniti. Gli scontri sono diminuiti, ma gli huthi non hanno rinunciato al loro ruolo nella regione», sottolinea Haski.
Al momento è in corso un’escalation, ma non sappiamo fino a che punto vogliano spingersi i ribelli sciiti dello Yemen (e di conseguenza l’Iran).
«Dal 7 ottobre, di fronte al dispiegamento di forze nell’area da parte di Washington, Teheran e i suoi alleati conducono con prudenza azioni a sostegno di Hamas, senza però mai esagerare», sottolinea Haski. Che si tratti di Hezbollah nel sud del Libano, degli attacchi degli sciiti iracheni contro le basi statunitensi o delle azioni degli huthi, non sono ancora stati compiuti gesti irreparabili, che costringerebbero Washington a reagire.
Finora gli Stati Uniti, con l’esibizione di muscoli navali, si sono limitati a contenere gli huthi nel mar Rosso o a colpire gli interessi iraniani in Siria con qualche incursione aerea minore, che è già stata una bella forzatura, mentre dalla parte opposta, bersaglio su navi da carico israeliane ma senza un attacco diretto e con delle vittime contro una nave americana nel mar Rosso, che potrebbe mettere in moto una spirale incontrollabile.
Gli Stati Uniti, importante ricordare, «hanno fatto sapere fin dall’inizio che non escludono l’ipotesi di colpire obiettivi in territorio iraniano». A un pelo dalla guerra mondiale. Dubbio di Haski e nostro: «Nel mar Rosso gli Stati Uniti tengono gli occhi aperti per scoprire le vere intenzioni dell’Iran: si tratta solo di azioni per esprimere sostegno a Hamas o siamo davanti a un’escalation?».