Italia-Cina: dove la politica inciampa gli atenei corrono

Forse non è un caso che l’ultima visita di un membro del nostro governo nella Repubblica Popolare, prima che venga annunciata ufficialmente l’uscita dell’Italia dal progetto della ‘Via della Seta’ sia quello della ministra italiana dell’Università e Ricerca, Anna Maria Bernini.

Scienza-tecnologia-innovazione

Occasione ufficiale della visita, la «Settimana Cina-Italia della scienza, della Tecnologia e dell’Innovazione», durante la quale sarà firmato un protocollo esecutivo di collaborazione tra il nostro Paese e la Repubblica Popolare, su cui l’Italia investirà un miliardo e 400mila euro.

Un passo avanti contro i due indietro

In effetti il governo si sta muovendo con i piedi di piombo tra molte trappole. Da un lato ha accettato/subito le preoccupazioni Usa e Ue sull’adesione alla ‘Via della Seta’. Dall’altro, però, è ben attento a mantenere buoni rapporti con Pechino. Il protocollo sulla ricerca universitaria di cui abbiamo detto, fa infatti parte di un nuovo «partenariato strategico» destinato a sostituire per l’appunto quello della ‘Via della Seta’.

Xi ‘soft’ con l’Italia: presto in Cina senza visto

Da notare che Xi Jinping sta adottando un approccio politico e diplomatico soft nei confronti dell’Italia e dell’Unione Europea in genere. Ne è prova anche il fatto che il governo cinese ha annunciato che, a partire dal prossimo 1° dicembre, i cittadini di cinque nazioni Ue (Italia inclusa) potranno recarsi in Cina senza dover richiedere alcun visto. Mossa certamente significativa, come ben sa chiunque in passato abbia avuto bisogno del visto cinese.

I problemi restano e Confucio aiuta

Sullo sfondo restano comunque parecchi problemi. La Repubblica Popolare è accusata di sfruttare le collaborazioni universitarie per promuovere la visione del mondo cinese, che non ammette il pluripartitismo ed elezioni libere. Strumenti tipici usati da Pechino sono i celebri ‘Istituti Confucio’, inseriti negli atenei occidentali e nei quali è presente in modo massiccio la propaganda del governo e del Partito (che in pratica coincidono).

I Confucio d’Italia, senza problemi

A differenza di quanto è avvenuto in altri Paesi (per esempio Usa, Canada, Olanda e Regno Unito), in Italia nessun ‘Istituto Confucio’ è stato chiuso. Al contrario, negli ultimi anni si è registrato un incremento degli accordi di cooperazione universitaria italo-cinese. Attualmente sono in vigore oltre 700 accordi di questo tipo, e al contempo le pubblicazioni comuni di studiosi italiani e cinesi hanno registrato un aumento del 250%.

Confucio e Papa Giovanni

Tutto questo a riprova del fatto che, a dispetto dell’uscita dalla ‘Via della Seta’, i rapporti restano ottimi, e non soltanto sul piano della collaborazione universitaria. Entrambi i Paesi, insomma, paiono intenzionati a privilegiare i fattori che li accomunano piuttosto che privilegiare gli elementi di divisione.

Nel nome di Confucio, la storica proposta ecumenica di Papa Giovanni sul «Cercare ciò che ci unisce più di quello che ci divide» (Ndr).

 

 

 

 

 

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