Il virus bancario americano tra rischio contagio e speculazioni

Chi esagera e parla di «Pandemia finanziaria», chi teme un conseguente panico bancario, e gli speculatori sulla corsa al ribasso per ricomprare a tre soldi accumulano fortune e distruggono economie.
Dopo la chiusura della Silvergate Capital e il fallimento lampo della Silicon Valley Bank, la corsa degli investitori Usa a disfarsi dei titoli bancari non si arresta. Cade un’altra banca legata al mondo delle criptovalute, la Signature Bank, e ora si teme che l’incendio possa arrivare al cuore delle grandi banche d’affari.Ieri i titoli della First Republic e la Western Alliance Corp hanno perso oltre il 70% del loro valore.
«Americani, i vostri risparmi sono al sicuro!», si è affrettato a rassicurare il presidente Joe Biden. Ma non sono stati moltissimi a credere non tanto a lui ma al sistema. Soprattutto negli anni di Donald Trump alla Casa Bianca, dal 2017 al 2019, molti vincoli sulle banche regionali americane sono saltati, senza vincoli sulla liquidità da tenere a disposizione che hanno le banche europee.

Rischio ‘Pandemia finanziaria’ da panico bancario

Ora si teme una pandemia finanziaria e si lavora febbrilmente per evitarla. Il fallimento della ‘Silicon Valley Bank’ (SVB) e quello della ‘Signature’ stanno scuotendo l’America, mentre arrivano notizie di nuovi istituti di credito quasi al collasso. I contraccolpi dello shock bancario Usa sono stati forti anche in Europa, dove tutte le Borse sono colate a picco, bruciando quasi 300 miliardi di euro. Milano ha perso il 4%. Oltreoceano, nel frattempo, i mercati traballano e la politica scende in campo, per evitare crisi irreversibili, da ‘crash and panicking’ che, con un effetto-domino. finirebbero per contagiare tutto il Paese. I ‘regolatori’ del settore bancario, cioè Ministero del Tesoro, Federal Reserve e Federal Deposit Insurance Corporation (FDIC), domenica hanno fatto sapere che i clienti dei due istituti di credito chiusi «avranno pieno accesso ai loro depositi».

Mossa fatta per evitare che si diffonda, a macchia d’olio, il contagio tra chi teme di perdere i suoi risparmi. Una paura di questo tipo, infatti, scatenerebbe una corsa agli sportelli, che esaurirebbe quasi subito la liquidità disponibile delle banche.

L’eccezione mancando buone regole

Solo che, come ha ribadito lo stesso Segretario al Tesoro, Janet Yellen, tutto questo sarà un’eccezione e non riguarderà altri istituti di credito in crisi. E qui si innesta, immediatamente, una furibonda polemica politica, perché la situazione si è fatta tanto esplosiva da smuovere, e di gran corsa, anche la Casa Bianca. Il Presidente Biden, parlando in un press-briefing, ha cercato di rassicurare i mercati, con un discorso che però è sembrato un po’ ambiguo e che, forse, ha finito per avere un effetto double-face. Ha detto che questa crisi non peserà, assolutamente, sulle tasche dei contribuenti. Che gli eventuali interventi di sostegno saranno a carico dei fondi assicurativi del sistema creditizio ma, ha poi aggiunto, che solo chi ha investito (azionisti e obbligazionisti n.d.r.) nella banca fallita «perderà i suoi soldi, perché è così che funziona il capitalismo».

La conclusione di Biden è parsa una sorta di epitaffio, per giunta accompagnato da un richiamo sulla necessità di regolamentare il libero mercato. Talvolta tanto “libero” da diventare selvaggio.

Navigazione a vista tra virus e debiti di guerra

La realtà è che si naviga a vista, e che nessuno può prevedere come andrà a finire questa crisi. Biden si è rivolto al Congresso, per chiedere un aggiornamento legislativo che metta in sicurezza il sistema bancario americano e garantisca i risparmiatori. La verità, però, e che sono stati colti di sorpresa pure lui e il suo governo, dato che il Dipartimento del Tesoro ha poteri di vigilanza che, sembra chiaro, non ha esercitato correttamente. In particolare, dicono gli esperti, dopo il fallimento di Lehman Brothers nel 2008, ci si è concentrati sulla supervisione delle banche più grandi, trascurando forse lo stato di salute di quelle medio-piccole. Adesso, qualche altra brutta sorpresa potrebbe essere dietro l’angolo, con una serie di fallimenti a catena, sul punto di interessare istituti di queste dimensioni, spesso interconnessi tra di loro.

Per questo, la Casa Bianca vuole regole più severe, ma molti congressisti, prima di dare il via libera a eventuali modifiche normative, vogliono avere più informazioni sull’attività delle banche e sul ruolo di controllo dei ‘regolatori’.

Quantità e qualità delle regole

In ogni caso, ancora una volta, il sistema bancario di una grande società industriale, dimostra come possa essere o l’asso vincente del proprio sviluppo o, al contrario, il fattore più penalizzante per una giusta ed efficiente allocazione delle risorse monetarie. I Democratici americani chiedono “stress test” più rigidi per le banche e una politica del “rischio sistemico” diversa. I Repubblicani vogliono che qualsiasi impresa finanziaria destinata a fallire, non venga salvata con i soldi dello Stato. D’altro canto, l’origine della crisi SVB dimostra come, alla base di ogni crac bancario, ci sia sempre una sottovalutazione del rischio, accompagnata da una insaziabile sete di accumulazione.

‘Tempesta perfetta’ e ‘perdite non realizzate’

Nel caso specifico, la “tempesta perfetta” è stata scatenata dalla congiunzione, sfavorevole, di elevata inflazione e stretta monetaria della Federal Reserve. Il rialzo dei tassi ha svalutato, molto velocemente, le obbligazioni a lungo termine in tasca alla SVB. Titoli che erano stati comprati con i soldi dei depositanti. Quando i risparmiatori si sono presentati allo sportello, per prelevare i loro dollari, la banca non aveva più liquidità. Si era ‘giocata’ tutti i soldi degli altri, per poter riuscire a guadagnare il più possibile i suoi. Non è un problema episodico.

Secondo il Wall Street Journal, l’anno scorso negli Usa c’erano 620 miliardi di ‘perdite non realizzate’, cioè, in parole povere, di debiti che ci sono, ma non si vedono. E che vanno aggiunti a quelli che, invece, sono già contabilizzati. Una vera montagna di cambiali che sovrasta, da sempre, un capitalismo fatto di imbroglioni in doppio petto o, nella migliore delle ipotesi, di biscazzieri.

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AVEVAMO DETTO

Se la prima banca che chiude è americana. Silicon Valley Bank all’asta per salvare il sistema evitando il contagio

 

 

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