Cina, cambio di ministro degli esteri dopo pochi mesi ed è giallo politico

Via il ministro degli esteri ‘all’americana’ voluto da Xi, si torna all’antico. L’Assemblea del Popolo (in realtà il Comitato ristretto del Politburo), ha sostituito il Ministro degli Esteri, Qin Gang (ex ambasciatore negli Usa), fresco di nomina, rimpiazzandolo col vecchio e potente Wang Yi, che aveva ricoperto la carica per dieci anni, fino allo scorso dicembre. Partita politica e di potere ai vertici.

Qin Gang disperso

Una mossa destinata a fare rumore e, soprattutto, a mettere in crisi i sinologi, gli esperti che cercano di interpretare la sempre complicata mentalità del potere orientale. In verità, Qin Gang era ‘disperso’ da un mese. Scomparso dalla circolazione, aveva già fatto pensare agli analisti tutto il peggio possibile. Si rincorrevano le più svariate ipotesi, da problemi di salute a ‘questioni personali’, senza arrivare però alla punizione politica. Se non altro, perché Qin è legatissimo a Xi Jinping che fino a ieri gli aveva spianato la strada per una luminosa carriera.

Partita di potere ai vertici?

Se Qin è stato veramente silurato, forse Xi non ha proprio tutto il potere assoluto che gli si attribuisce. Anzi, qualche volta, magari, deve mediare tra gruppi diversi. E sotto la facciata di quello che sembra un semplice rimpasto ai vertici si celano indizi-chiave, che ci riportano al confronto attuale con gli Stati Uniti. Il muro contro muro con l’economia di Washington (e dell’Occidente) non fa bene alla Cina. I leader di tutti i regimi comunisti della storia sono caduti, o sono stati ‘ridimensionati’, per il fallimento dei loro piani quinquennali. Ora, in questa fase, la congiuntura produttiva e commerciale di Pechino non è soddisfacente. O, almeno, non sta rispettando le ambizioni fissate dai tanto propagandati progetti di sviluppo.

L’ex ambasciatore negli Usa

Un accomodamento con gli Usa, cominciano dagli scambi commerciali, sarebbe fondamentale. Ma c’è lo scoglio di Taiwan e, soprattutto, un approccio di Pechino alle relazioni internazionali, giudicato troppo aggressivo da parte di Biden. Qin Gang è stato per un paio d’anni ambasciatore a Washington, ha girato l’America e ha visto le potenzialità della sua economia. Xi forse l’aveva scelto proprio per questo: fedele sì, ma soprattutto profondo conoscitore di uomini, cose e mentalità della superpotenza avversaria. La chiave giusta (è un’ipotesi), insomma, per aprire la porta del dialogo. Ma qualcosa si è inceppato e forse non solo a Pechino. Sono molti coloro che ritengono che si siano formati gruppi di ‘duri e puri’, al di qua e al di là del Pacifico, pronti a sabotare qualsiasi tentativo di dialogo.

Il ritorno dei ‘duri e puri’?

Il fatto che Wang Yi torni al Ministero degli Esteri è molto significativo. Più da un punto di vista formale che sostanziale. Wang è un ‘hardliner’, un intransigente che già comandava più di Qin, cioè dello stesso Ministro. Perché rivestiva la carica di Direttore della Commissione affari esteri, del Comitato centrale del PCC. In un Paese comunista, per chi non lo sapesse, i Dipartimenti di partito contano (e valgono) più dei ministeri dello Stato. Wang, quindi, ha fatto carriera ‘al contrario’. È stato prima Ministro degli Esteri per 10 anni, poi è stato promosso a Capo dipartimento del Partito (entrando nel Politburo) e ora detiene tutte e due le cariche.

Diplomazia del ‘guerriero lupo’

Quale può essere la cattiva notizia per gli americani? Secondo gli specialisti, Wang è un perfetto interprete della cosiddetta ‘diplomazia del guerriero-lupo’, cioè di quella politica di costante pressione sui Paesi che non seguono la linea della Cina. Inoltre, la sua biografia ci dice che è stato ambasciatore in Giappone e delegato speciale a Taiwan, prima di diventare capo della diplomazia cinese. In quest’ultima veste, si è guadagnato la fama di feroce negoziatore. Assieme a Wang Hunting forma la coppia di diplomatici che elabora le strategie di politica estera cinese, con una visione ‘muscolare’, ispirata da Xi Jinping. Anche se, per certi versi, la temporanea scelta che era stata fatta con Qin, poteva essere interpretata come una sorta di ‘novità’ offerta agli americani.

Qin, il mistero politico resta

Pure Qin è considerato un ‘duro’, ma di tipo diverso rispetto a Wang. Ha fatto gran parte della sua carriera diplomatica a Londra, conosce bene l’Europa (e i suoi problemi) e ha maturato una serie di contatti, anche finanziari, in America. Il problema, a questo punto, è riuscire a capire le vere motivazioni che hanno spinto i vertici del Partito e Xi Jinping ad agire. Chi mette in giro voci su presunte relazioni extraconiugali, secondo noi, è abbondantemente fuori strada. No, le motivazioni sono sicuramente diverse, diremmo di ‘interesse nazionale’, e riguardano l’essenza stessa delle strategie geopolitiche del colosso asiatico.

Qualcosa non stava quadrando e Xi Jinping è stato costretto a fare marcia indietro. Ha scelto Wang Yi, una specie di ‘usato sicuro’, che forse infastidisce gli americani quanto basta.

Tags: Cina esteri
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