Chi partirà dalla Russia per combattere in Ucraina? A cinque giorni dall’ordine di mobilitazione, il livello della protesta cresce. Quella più significativa sul piano politico, in attesa di capire se esista davvero un movimento contro la guerra, riguarda il delicato equilibrio etnico su cui il paese è fondato, analizza opportunamente Luigi De Biase. Sardana Avksenteva, ex sindaco della città di Yakutsk, nell’estremo oriente russo, e parlamentare del partito Novye Lyudy , «persone nuove», si è espressa con forza nelle ultime ore contro il sistema che le autorità stanno usando per reclutare i riservisti.
Il solo precedente storico moderno è quello della guerra in Vietnam con la leva americana che ha mandato a combattere una stragrande maggioranza di afro e latino americani. «Guardo a queste cifre e non riesco a spiegarmi la sproporzione», dice la sindaca Avksenteva, che denuncia «l’enorme sproporzione fra il centro della Russia e le periferie» e cita il caso di interi villaggi nei distretti artici in cui tutti gli uomini hanno ricevuto la convocazione delle autorità militari. «So perfettamente che cosa significa vivere a meno 55 gradi», le parole della parlamentare, «se gli uomini dovessero partire, le famiglie andrebbero incontro a enormi difficoltà».
«La Yakutia, assieme alla Buryatia, è stata sino a questo punto uno dei serbatoi di volontari per la guerra in Ucraina», scrive De Biase-, Ma è anche una delle repubbliche in cui si sono registrati alcune fra le più importanti manifestazioni di dissenso, come quella dell’attivista Aikhal Ammosov, finito a processo per avere tentato di issare uno striscione che diceva «No alla guerra» nel giorno in cui il primo ministro, Mikhail Mishustin, era in visita nella capitale». E ora le rimostranze di Avksenteva spingono la discussione fra i banchi della Duma
Anche il Cremlino ha dovuto ammettere che la mobilitazione non procede secondo le attese. «La prima risposta è stata isterica», ha detto il portavoce del presidente Putin, Dmitri Peskov, diventato bersaglio di una feroce provocazione personale. In settimana due collaboratori dell’oppositore Aleksei Navalny si sono finti impiegati di un ufficio di reclutamento e hanno contattato al telefono il figlio, dicendogli che il suo nome era sull’elenco dei riservisti. «Forse non avete capito chi io sia – ha risposto lui – Risolverò la questione a livello più alto». Pessima figura per papà e figlio, lui da mandare davvero al fronte.
Emulo forse involontario di papa Urbano II che nel 1095 lanciò la prima Crociata al grido di ‘Dio lo vuole’, il patriarca della Chiesa ortodossa, Kirill, che prima ha invitato i fedeli ad arruolarsi, e poi ha detto che la morte per la patria avrebbe garantito loro sicuro accesso al Regno dei cieli. Mancano le cento vergini del paradiso musulmano, ma la vergogna di simili appelli nel nome della fede c‘è tutta. Improbabile influenza di questo appello sui cittadini che già a migliaia, «forse addirittura settantamila persone, secondo alcune stime, avrebbero lasciato il paese questa settimana».
Chi sta combattendo davvero in Ucraina? Il 4 marzo al Consiglio federale la senatrice Lyudmila Narusova ha parlato per la prima volta di militari di leva mandati al fronte probabilmente con l’inganno e di sicuro senza la minima esperienza di combattimento. Nel suo intervento Narusova ha anche detto che i soldati di leva «sono stati costretti a firmare il contratto, oppure qualcuno l’ha firmato per loro». L’8 marzo, in un discorso pubblico in occasione della Giornata della donna, Putin ha dichiarato che «coscritti e riservisti non parteciperanno mai ai combattimenti».
Il 10 marzo dal quartier generale della Difesa sulla Moscova il generale Igor Konashenkov ha ammesso per la prima volta la presenza di militari di leva sul territorio ucraino. «La maggior parte di loro è tornata in Russia», ha detto Konashenkov. Numeri non ne ha forniti, ma ha fatto sapere che alcuni dei coscritti facevano parte di una unità «catturata da un battaglione ucraino». Poche ore più tardi il portavoce del Cremlino, Dmitri Peskov, ha parlato di «indagini e punizioni» per gli ufficiali che hanno disatteso le consegne sulla composizione del contingente.
Secondo le stime dei servizi di intelligence occidentali alla fine di febbraio la Russia aveva schierato circa 130.000 soldati su tre confini terrestri con l’Ucraina: a nord, in Bielorussia, a est, a ridosso delle repubbliche ribelli di Donetsk e di Lugansk, e a sud, in Crimea. Difficile stabilire quanti di quegli uomini siano realmente sul territorio ucraino.