Nella conferenza stampa di fine anno a Kiev, davanti a oltre duecento giornalisti, il leader ucraino annuncia di aver chiesto di mobilitare fra i 450mila e i 500mila uomini da far entrare nei ranghi delle forze armate. Ma subito aggiunge: «La questione è davvero delicata». Per poi precisare che un reclutamento di massa costerebbe moltissimo: «Dove prendiamo i fondi?» (e dove prendiamo i soldati, NdR). Altro tema complesso: le finanze pubbliche e il sostegno dell’Occidente che il Paese teme si riduca sempre di più. Zelensky ripete che né gli Stati Uniti né l’Europa deluderanno il Paese sul versante degli aiuti, ma assomiglia alla letterina a Babbo Natale. Aiuti che nell’ultimo trimestre hanno toccato il minimo storico dall’inizio dell’invasione.
Ma a che punto è la guerra? Quanto è costata in vite e soldi? si chiedono Francesco Battistini e Milena Gabanelli sul Corriere della Sera. Il 2023 doveva essere l’anno della controffensiva di Zelensky, invece poco è cambiato e Mosca controlla più o meno lo stesso territorio di fine 2022. Negli ultimi sei mesi l’esercito ucraino ha riconquistato 518 km quadrati, meno della provincia di Lodi. Al costo di quante vite, da tutte e due le parti? Tutti a mentire. Secondo il New York Times che a fine agosto incrociava diverse fonti, incluse quelle Onu e d’intelligence Usa, la guerra sui due fronti aveva fatto più di mezzo milione fra soldati morti, feriti e vittime civili. Il doppio che nelle tre guerre balcaniche degli anni ’90.
Putin dispone di 2,2 milioni di arruolati, ne ha mobilitati 1.320.000, e ha comunque pronti altri 880 mila riservisti. Combattere in Ucraina conviene economicamente: un soldato russo guadagna in media 2.135 euro al mese, contro i 560 di un professore universitario. Se il soldato muore, alla famiglia arriva l’equivalente di 55 mila dollari (32.500 in caso di ferimento grave). Non si sa quanti russi siano fuggiti all’estero per evitare l’arruolamento -sempre da Gabanelli-, il governo ne ammette 155 mila, Londra ormai sempre meno credibile ne sparava 1,3 milioni. Fuggiti soprattutto in Georgia, in Armenia, e in Serbia, dove non serve il visto e di cui vi abbiamo già raccontato.
Gli ucraini sono un terzo dei russi e dispongono di 700 mila soldati. All’inizio della guerra avevano 10 milioni d’arruolabili, anche se l’esercito era fatto solo di 250 mila uomini. Fra gli 8 milioni di profughi in Europa, ci sono anche 650 mila richiamabili. È aumentata la renitenza alla leva, con 200 mila ‘imboscati’ e fenomeni di corruzione. Per questo Zelensky -rilancia Dagospia-, ha cambiato le regole di reclutamento e ha aperto ancora di più alle donne: oggi sono 43 mila (più 40% rispetto al 2021) e sono state ammesse ai ruoli di mitragliere, cecchino e comandante di tank.
Chi sta pagando il conto di tutto questo macello? La Commissione europea sostiene che «le sanzioni stanno funzionando», e mente. L’economia di Mosca sembra tenere e grandi Paesi come Cina, India, Turchia, Messico, Brasile e Sudafrica non hanno aderito al boicottaggio, sostenendo Putin attraverso le triangolazioni. A perderci, sono anche le economie occidentali: con le sanzioni, scrive il Financial Times, la guerra ha bruciato più di cento miliardi di 600 grandi e medie imprese europee che facevano affari a Mosca, senza contare i costi derivanti dall’aumento dell’energia e delle materie prime.
Secondo l’Economist, ai russi la guerra costa 67 miliardi di dollari l’anno di deficit pubblico: un 3% di Pil che se ne va per sostenere la produzione, reggere il welfare, mantenere le famiglie che mandano gli uomini al fronte. Una stima della rivista militare Sofrep, però, indicava già nel 2022 un costo di 900 milioni di dollari al giorno. E un aggravio per i russi, secondo l’ucraina Kyiv School of Economics, che varrebbe l’8-10% del Pil.
Per Kiev la guerra costa 10 miliardi di dollari al mese. A cui aggiungere tutto quello che è arrivato in aiuti per la parte prestiti. L’Ue ha finora versato agli ucraini 85 miliardi: 25 in attrezzature tecniche e militari, e 60 in finanziamenti. Stando ai tedeschi del Kiel Institute for the World Economy, gli Usa hanno dato 47 miliardi in armamenti, e la Gran Bretagna 18. Secondo i conti di Banca mondiale dall’Occidente sono arrivati in totale 17 miliardi mensili, fra armi e sostegno a un’economia che non produce più reddito, e in quasi due anni ha bruciato 200 miliardi tra industrie collassate e grandi investitori stranieri che sono scappati.
La spesa pubblica ucraina per pagare la pubblica amministrazione, per tenere aperti scuole e ospedali, per far funzionare i trasporti, solo nel 2022 è stata di 75 miliardi: i prestiti occidentali ne hanno coperti 32. Una futura ricostruzione, dice l’Economist, è già stimata oltre i 500 miliardi. I danni ambientali al suolo, nelle acque e in emissioni di CO2 sono invece incalcolabili.
Con la crisi di Gaza, le forniture americane a Kiev sono calate del 30%. Il Senato americano sta bloccando una seconda tranche di 61 miliardi, mentre Zelensky ripete ogni giorno che senza munizioni, missili e F-16 sarà impossibile resistere a lungo. E anche lui, finora leader indiscusso, è criticato in patria per avere ritardato troppo la controffensiva.
Gli aiuti europei, dice il Kiel Institute, da agosto sono calati del 90% rispetto al 2022. Per sbloccare la nuova rata Ue di 50 miliardi il Consiglio europeo deve fare i conti con i ricatti dell’Ungheria di Viktor Orbán, che per ora ha ceduto sulla ipotetica futura adesione dell’Ucraina all’Unione ma poi ha bloccato il bilancio Ue con i miliardi di aiuti previsti per Kiev.