Lo stupore di essere liberi

«Lo stupore, prima di qualsiasi altra cosa, significa una sorta di sospensione della presa che le presunzioni di realtà esercitano su di noi. Lo stupore è, cioè, lo stupore di essere liberi, la perplessità che ci arresta, in disincantato incantamento, al bordo del mondo, ai margini del senso».

Queste parole scritte dal filosofo Andrea Tagliapietra risuonano nel cuore. Come un tonfo, un buio, un perdersi di fronte alla straripante perfidia nell’epoca delle dimenticanze, della memoria buttata nei rifiuti della storia, dell’umanità stritolata dalla disumanità.

Stupore è una parola da riconsiderare, che disincanta l’incantesimo, spalanca la visione ed è salvifica. Spezza le catene. Lo stupore è la perplessità che ci arresta. Ci fa fermare quel frammento di tempo, mentre tutto intorno ogni cosa scorre crudele e inesorabile, nell’indifferenza, in un fiume di interpretazioni già scritte, come argini che impediscono di vedere oltre.

Quel frammento di inciampo, di dubbio, spiazza la realtà; è lo sguardo attraverso che ci permette di vedere con più dolore e maggiore lucidità ciò che sembra una scia opaca che scorre nell’ingiustizia del tempo. Di guerre atroci, rese spaventose dalla banalità del male dei protagonisti, criminali ridanciani. Di schiavitù economiche, di arricchimenti ottusi e impoverimenti atroci. Di suprematismo acclarato, di razzismo che si ripresenta sempre sotto nuove forme.

Lo stupore rende visibile il dolore, paziente l’attesa di un mondo migliore, tenace e battagliera la speranza. Rende la vita difficile, lo stupore. Svela e sovverte l’idea del mondo così come ci viene raccontato, per far sembrare normale l’efferatezza, per far sembrare impossibile l’uguaglianza, la giustizia sociale, il rispetto per gli altri, l’umanità.

Lo stupore di essere liberi cambia la sorte.
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