
C’è un proverbio africano che recita: «Quando gli elefanti si combattono, è l’erba che soffre».
«La grave crisi economica scatenata prima dalla pandemia, poi dalla guerra in Ucraina. Sono stati questi due eventi a peggiorare rapidamente le condizioni di vita di tutti, ma hanno anche fatto crescere con una rapidità incredibile le disuguaglianze tra i (sempre più) ricchi e i (sempre più) poveri». Marco Impagliazzo, docente di storia contemporanea a Roma Tre non fa sconti sulle differenze: «reddito e ricchezza, lavoro e classi, genere e origine etnica, istruzione e condizioni sociali, capacità e comportamenti individuali». Tutti in tutto il mondo, ma soprattutto in Africa.
Covid, guerra e disuguaglianze, tre dei quattro ‘Cavallieri dell’Apocalisse’. Aggiungiamo il capitalismo colonialista occidentale e siamo a quattro.
La pandemia sembra aver cancellato molti dei benefici ottenuti dai Paesi in via di sviluppo nell’ultimo quarto di secolo mentre – secondo il World Inequality Report – ha di sicuro portato all’incremento «più rapido mai registrato della quota di ricchezza dei miliardari mondiali». L’inganno d’inizio. A fine aprile 2020, i Paesi a basso e medio reddito (l’84% della popolazione mondiale) avevano registrato solo il 14% delle morti da Covid-19. Invece nella fase successiva della pandemia il Coronavirus è penetrato, lento ma uniforme, in tutto il Sud dell’Asia, in America Latina e quindi in Africa.
In tanti Paesi in via di sviluppo ampi segmenti della popolazione guadagnano ogni giorno a stento quel che serve per nutrire sé e la propria famiglia. Per i governi il dilemma: se avessero bloccato l’economia la gente avrebbe fatto la fame, se l’avessero tenuta aperta il virus si sarebbe diffuso. «Per quanto sia stata intesa a salvare vite, la chiusura di quasi tutte le attività ha portato al collasso economico, che a sua volta ha paradossalmente esacerbato i problemi sanitari, la fame e la depressione».
Dopo la paralisi, l’inevitabile crisi del debito. Nei Paesi ricchi i danni sono stati mitigati dalla massiccia spesa statale. Ma per i Paesi poveri, già gravemente indebitati, è stata catastrofe: «nei primi mesi della pandemia sono fuggiti dai mercati emergenti oltre cento miliardi di dollari». Per tenere a galla la loro economia queste nazioni si sono indebitate in dollari con alti tassi di interesse, che dovranno ripagare con valute che sono in rapido deprezzamento. Il lavoro di decenni è stato disfatto in pochi mesi
Numerosi studi valutano che tra i 70 e i 430 milioni di persone ripiomberanno nella povertà estrema nei prossimi anni. E quindi la disuguaglianza più essenziale, quella tra i più ricchi e i più poveri del pianeta, è tornata a crescere a un ritmo sostenuto.
Le conseguenze del conflitto ucraino, particolarmente in Africa, sono devastanti. La guerra causa l’aumento dei prezzi dell’energia e dei beni di prima necessità, a partire dal cibo. Vista dall’Africa la guerra in Ucraina è una doppia sciagura e un peso spesso insopportabile, come per i Paesi già colpiti da siccità o crisi interne. C’è un proverbio africano che recita: «Quando gli elefanti si combattono, è l’erba che soffre».
Gli africani sanno che se gli accordi di Parigi sul riscaldamento globale – di cui l’Africa è responsabile per un misero tre per cento – non saranno applicati, sovrastati dalle esigenze belliche, sarà il loro continente a soffrirne per primo le conseguenze. Siccità apocalittiche e desertificazione, fame, fughe di popoli e guerre per sopravvivere. «E le disuguaglianze faranno da moltiplicatore all’emergenza ambientale».
La terza guerra mondiale a pezzi coinvolge drammaticamente anche l’Africa, non solo perché combattuta in parte sul suo territorio, ma anche per le ricadute della crisi mondiale sulla fragilità delle sue economie.