
Il Pakistan è un vulcano in procinto di esplodere, come già prevedevano gli analisti di geopolitica da almeno un anno. E adesso i nodi sono venuti al pettine, tutti in un colpo. Rivolte sono scoppiate nelle principali città, dopo che l’ex Primo ministro, Imran Khan, è stato arrestato ieri dalle forze di sicurezza di Islamabad (i ‘Rangers’). Khan si era presentato in tribunale per un processo (è accusato di corruzione), ma prima di comparire davanti alla Corte è stato ‘prelevato’ dalla polizia e caricato, a forza, su un furgone blindato. Si sarebbe trattato di un vero e proprio agguato, pianificato con cura, secondo molti osservatori, dall’attuale governo e dall’esercito.
Khan è stato letteralmente sequestrato, ammanettato e scaraventato sul furgone, a cui erano aggrappati numerosi agenti. Le strade vicino al Palazzo di giustizia erano state ‘bonificate’ in precedenza, impedendo ai sostenitori di Khan di avvicinarsi. Il motivo? Semplicissimo: l’ex premier è molto amato nel Paese e gode di un apprezzamento superiore al 60% (sondaggio Gallup). Ma si pensa che, calcolando anche gli ‘indecisi’, meno del 30% della popolazione sia contro di lui. È stato rimandato a casa dal Parlamento, con un voto di sfiducia, la scorsa primavera. Ma, sulla ‘trasparenza’ della democrazia pakistana, sono state scritte enciclopedie.
Insomma, voci ben accreditate dicono che il voto era truccato, e che la sfiducia era stata preparata a tavolino, dai generali dell’esercito e da qualcuno che, dall’estero, per vocazione, ficca il naso dappertutto e, se c’è bisogno, mette mano al portafogli. E se non basta, tira fuori la Colt.
Tante zone d’ombra. Ricordando tutti che il Pakistan è una potenza nucleare, islamica, di 240 milioni di abitanti. È l’architrave strategica di uno spicchio di pianeta vastissimo, un crocevia che mette assieme ‘sfere d’influenza’ diverse e spesso confliggenti tra di loro. Quindi, l’interesse geopolitico per questo Paese è altissimo. Importante quindi “se è dalla nostra parte”. Perché, se non lo fosse, bisognerebbe convincerlo. Anche in brutto modo. E per meglio chiarire questa gimkana lessicale, citiamo le analisi di due prestigiosi media occidentali.
Scrive il Wall Street Journal: «La determinazione dell’ex Primo Ministro settantenne a ritornare al potere, pone un dilemma a Washington. La vena autoritaria di Khan, la sua simpatia per l’Islam radicale e l’ostilità verso l’America, lo collocano sullo stampo dell’ex presidente egiziano Mohammed Morsi e di quello turco Recep Tayyip Erdogan. Un secondo governo Khan, probabilmente, peggiorerebbe i problemi interni del Paese ed eroderebbe le sue relazioni con gli Stati Uniti». Dunque e questo si sapeva, Biden vede Khan come fumo agli occhi.
E qualora questa esplicita dimostrazione di ostilità, da parte dell’Occidente, non bastasse, mettiamoci pure quello che dice la BBC: «Khan sostiene di essere stato vittima di un tentativo, guidato dagli Stati Uniti, di influenzare il cambio di regime in Pakistan, perché il governo da lui guidato aveva un’inclinazione anti-occidentale in politica estera, che ha incluso critiche alla guerra americane in Afghanistan».
Per non parlare dell’Ucraina e dei rapporti con la Russia. Khan non è uno stinco di santo. Ma da ex campione del mondo di cricket (sport numero uno in Pakistan) viene considerato una specie di eroe nazionale. Ricco di suo, non ha certo bisogno delle piccole e grandi truffe quotidiane dei locali politici d’ordinanza. Per questo, la maggior parte della popolazione non crede alle accuse che gli rivolge il governo attuale. Non solo. Ma proprio il fatto che, in meno di un anno, abbiano aperto su di lui più di 100 indagini, fa sospettare che dietro gli attacchi ci sia una persecuzione politica. Gli occidentali (ma sarebbe meglio dire gli americani) pensano che Khan sia poco rispettoso della democrazia. Perché chiede elezioni anticipate? O che abbia flirtato occasionalmente con l’esercito e, soprattutto, con i (mitici) Servizi segreti di Islamabad. Vero. Intanto perché lo fanno tutti, Washington e Londra in testa, da settant’anni. E poi per il fatto che sono stati proprio loro (d’accordo con qualche ‘suggerimento’) a scavargli politicamente la fossa.
Certo, nel periodo di Khan l’economia è andata a ramengo, l’inflazione è salita alle stelle e il Fondo monetario ha stretto la cinghia. Ora, però, con Sharif al potere, che si farà sicuramente aiutare dallo zio d’America, l’IMF di Washington comincerà a sganciare il primo miliardo di dollari.
Anzi, i trasferimenti finanziari dovranno essere accelerati. O alle prossime elezioni (sempre che sia ancora vivo), Khan potrebbe essere tentato di togliersi qualche sassolino dalla scarpa.
Pakistan potenza atomica lacerata tra crisi economica e scontro Usa/Cina