
Dall’ansia delle famiglie per la povertà al richiamo sulla sanità nel discorso di Mattarella. Sinistra e destra, populisti e sovranisti, euroentusiasti ed euroscettici e perfino i movimenti antisistema si sono alternati alla guida del Paese e tutti hanno dovuto «misurarsi con le difficoltà di governare», ad insegnare il rispetto di regole che non possono essere disattese dal del momento. «La folle guerra scatenata dalla Federazione russa all’Ucraina». Il capitolo del Covid, per rilanciare il valore del Servizio sanitario nazionale, mortificato da scarsi investimenti e ancor minore considerazione. «L’aumento della povertà e del bisogno». «L’evasione fiscale», materia divisiva nella stessa maggioranza, e «le differenze tra Nord e Sud». Numerose le bacchettate educatamente rivolte al governo e alla politica in generale, con una lettura di estera ancora molto atlantica, e forse non molto aggiornata.
Quali messaggi contiene l’ultima telefonata tra Vladimir Putin e Xi Jinping, con cui i due leader hanno concluso il 2022? Il leader russo, sostiene, «con la sua offensiva in Ucraina starebbe distraendo» gli Usa, grandi rivali della Cina, risucchia l’attenzione e le risorse dell’America verso l’Europa, costringe la Nato a occuparsi in prevalenza del conflitto in corso». Nella versione cinese però la guerra in Ucraina viene per la prima volta definita una «crisi internazionale», un’espressione negativa che Xi aveva evitato in passato. Ma da qui a ipotizzare una divergenza o perfino un conflitto, il passo è troppo lungo. Da ricordare i molti voti alle Nazioni Unite che hanno visto l’Occidente, numericamente e politicamente perdente. Esiste un asse sino-russo che ha un peso considerevole verso il Terzo mondo, dal Golfo Persico all’Africa, all’America latina.
Russia-Usa via Ucraina. «Solo pochi conflitti hanno alla fine dei reali vincitori», la sottolineatura storica su Limes. Sui due fronti. «Quando finalmente si arriverà a una tregua, a quel punto l’Ucraina, pur avendo conseguito sul campo notevoli successi militari, si ritroverà con un territorio sconvolto dalle operazioni belliche e con una infrastruttura funzionale pressoché interamente distrutta». Sul fronte opposto, «la Russia avrà perduto buona parte di quella credibilità che conservava agli occhi dell’opinione pubblica occidentale, la quale le accreditava, specie nel settore militare, capacità rivelatesi ben superiori a quelle che essa è realmente in condizioni di esprimere».
«Non che la Nato e gli Stati Uniti escano da questo confronto in maniera positiva», analizza Giuseppe Cucchi, ricordando la troppo spesso ‘dimenticata’ «politica dissennata di allargamento verso est condotta per decenni dall’Alleanza, malgrado i crescenti segnali di allarme provenienti da Mosca». Una politica agevolata dalla scelta di segretari generali della Nato «del tutto proni alla volontà degli Usa». Con gli Stati Uniti come l’unico protagonista di rilievo ad aver tratto apparentemente solo benefici da uno scontro armato di questo tipo e di queste dimensioni.
Il conflitto ha dimostrato che l’America è ancora di gran lunga la maggiore potenza militare al mondo e la prevalenza americana nell’Alleanza atlantica ne esce rafforzata e indiscussa. Eccezione la Turchia, ‘carta jolly’, pronta ad essere giocata con il consenso Usa, a fare da mediatore o provocatore, a convenienza. Altro vantaggio Usa, il rapporto con un’Unione Europea, «sempre più costretta, sia in campo politico sia militare, ma soprattutto economico, a ricoprire il ruolo di vaso di coccio fra vasi di ferro». Gli embarghi imposti alla Russia sin dagli inizi del conflitto hanno infatti pesato soprattutto sui paesi europei, mentre gli Usa ne stanno uscendo considerevolmente avvantaggiati, specie nel settore dell’energia, ma non solo.
Il conflitto che insanguina l’Ucraina, sta distruggendo assieme la ricchezza e il benessere dell’Europa. Il 12% se l’è portato via un anno di ‘ipersvalutazione’, mentre un altro 10% è stato bruciato dalle perdite in Borsa. Un ritmo negativo che nessuna economia può sostenere a lungo. Non c’è quindi da meravigliarsi se in tutti i paesi europei sta rapidamente crescendo il risentimento non solo verso la Russia ma anche verso gli Stati Uniti, colpevoli di aver favorito una divisione del carico ‘leonina’ -sempre Limes-, da assegnare a noi tutti gli svantaggi mentre i loro benefici restano intoccabili.
Ne sono un chiaro indice le dichiarazioni di assoluta fedeltà al legame transatlantico rilasciate con crescente frequenza dai leader politici di ogni paese e partito i quali sentono il bisogno di rassicurare sé stessi e l’alleato su una situazione che sta loro sfuggendo di mano.
Abbiamo bisogno della pace, dunque, e ne abbiamo bisogno subito. Cosa aspettiamo allora a rendercene pienamente conto e a pretenderla a gran voce?