
Più di 5.000 palestinesi sono morti per le esplosioni e il crollo di case ed edifici soprattutto nel nord, a Jabaliya, Beit Lahiya, Beit Hanoun, a Gaza city e in altre città e villaggi. 5.087 per la precisione di cui 2.055 bambini e 1.156 donne, secondo quanto riferiva ieri il ministero della sanità a Gaza. Ministero che «i giornalisti stranieri non devono seguire, afferma Israele, perché di Hamas quindi non credibile». Ma testimoni e organizzazioni internazionali sul campo confermano e anzi aggravano il tragico bilancio.
Il portavoce militare Daniel Hagari ripete che «il carburante non entrerà a Gaza. E non entrerà in futuro se Israele non lo vorrà». Padroni del mondo. Ieri sono passati dal valico di Rafah altri 15 camion di aiuti umanitari. Prima sono andati a Kerem Shalom per i controlli israeliani, poi sono entrati nella Striscia dove hanno portato soprattutto rifornimenti per gli ospedali «in una situazione disperata», avvertono più fonti indipendenti. La testimonianza del dottore che dall’ospedale Shifa di Gaza city è stato trasferito a quello di Al Aqsa, a sud, riferisce Michele Giorgio sul Manifesto. «Il numero di pazienti supera di tre volte la capacità dell’ospedale e la mancanza di spazio ha costretto molti pazienti addirittura a sdraiarsi sul pavimento».
Da Gaza denunciano bombardamenti a poche decine di metri dall’ospedale Al Quds. Una bomba è caduta a 200 metri dalla sede dell’Onu a Rafah, lo ha scritto l’Associated Press. Ocha (affari umanitari dell’Onu) comunica che i bombardamenti hanno distrutto interi quartieri a Beit Hanoun, Beit Lahia, Al Shujaiya, l’area tra Gaza city e il campo di Al Shati e Abasan Al-Kabira.
L’invasione di terra nella striscia di Gaza è rimandata. «Ma i soldati stanno facendo una serie di esercizi in modo da essere pronti per l’operazione» ha dichiarato ieri un portavoce militare di Israele. Si riferiva alla fanteria: «l’aviazione i suoi esercizi non li ha mai interrotti», come abbiamo appena detto. «In attesa della carneficina terrestre che arriverà, scivola come un dettaglio la carneficina aerea che c’è già», annota sconsolato il direttore del Manifesto Andrea Fabozzi. «Solo tra domenica e lunedì sono morti in quasi cinquecento dicono le fonti dalla Striscia. Sono morti nell’attesa dell’invasione». Ieri l’ufficio per gli affari umanitari delle Nazioni unite ha comunicato che più della metà della popolazione di Gaza è ormai sfollata.
L’Onu e i tribunali internazionali non servono più a niente – tant’è che adesso è addirittura la Russia dell’aggressione all’Ucraina a chiedere al Consiglio di sicurezza di condannare Tel Aviv – chi ancora ci crede è un’anima bella. Salvo scoprire, però, che sguarnita la diplomazia e gettato alle ortiche il diritto, non resta che la barbarie della violenza. Che infatti si dispiega ormai da diciassette giorni, con il contorno tutt’al più di timidi inviti alla moderazione. Quelli sì inutili».
«Fermare la strage che non c’entra niente con il riconoscere a Israele il diritto a difendersi. E la sua vulnerabilità di fronte al barbaro attacco di Hamas è la novità con la quale tutti devono fare i conti, anche i critici più inflessibili del governo di Tel Aviv. Questa novità andrebbe indagata a fondo per capire cosa veramente ha reso possibile il successo dei terroristi (probabilmente al di là delle loro stesse aspettative), che peso ha avuto l’incapacità del governo più a destra nella storia di quel paese, come hanno influito le fratture che ha alimentato nella società israeliana e nel rapporto con le forza armate».
«Niente, nemmeno la lunga occupazione illegale e violenta da parte di Israele giustifica l’oscena macelleria di Hamas. Ma ugualmente niente giustifica la strage che Israele sta portando avanti impunemente, nemmeno l’attacco di Hamas e nemmeno il fatto che la cornice del diritto internazionale sia ormai rotta in più punti. Se a invocare l’inservibilità delle regole è colui che apertamente le viola qualche domanda dovrebbero farsela anche i realisti assolutori di Netanyahu. Cosa impedisce questa elementare presa di coscienza, ora che neanche la bilancia degli ultimi morti è più in equilibrio?»
Bambini erano molti degli israeliani trucidati da Hamas, bambini erano e sono molti palestinesi bombardati da Israele.
«Non ci sarà alcuna pace possibile, nemmeno la più fragile e provvisoria, se a Netanyahu sarà consentito di continuare sulla strada del sangue, se sarà addirittura spinto a farlo. Solo un cessate il fuoco immediato può mantenere aperto almeno uno spiraglio verso la pace.
Chi, come la quasi totalità dei governi occidentali, il nostro in prima fila, si rifiuta persino di chiederlo, è complice del futuro di guerra che si sta costruendo oggi. E che i palestinesi nella striscia di Gaza stanno già pagando. Nell’attesa dell’invasione di terra».