
«La situazione sul fronte orientale si è notevolmente deteriorata negli ultimi giorni», ha dichiarato sul suo canale Telegram il comandante delle forze armate ucraine, Oleksandr Syrsky, constatando «una intensificazione dell’offensiva delle forze di Mosca dopo le elezioni presidenziali russe, la cui spinta si concentra in direzione di Chasiv Iar, nella regione di Bakhmut, nel Donetsk».
Sysrsky ha aggiunto che «le zone più problematiche per l’Ucraina sono state rinforzate, anche con mezzi di difesa antiaerea».
Quasi in risposta, la notizia diffusa a sorpresa da Berlino di un ulteriore sistema di difesa aerea Patriot in Ucraina per aiutare le forze armate a respingere l’aumento degli attacchi aerei russi, ha annunciato il l’esecutivo.
II Per il Cremlino «non c’è ancora nessuna possibilità di negoziare» in Ucraina, mentre per la Bielorussia «è arrivato il momento di sedersi al tavolo e trattare» e intanto la Svizzera sta «valutando se invitare Mosca alla conferenza di pace di giugno», scrive con la solita attenzione Sabato Angieri sul Manifesto. Sottinteso facile da parte di Maoca, che più esserci molto peggio di una difficile trattativa.
Prima tra tutte, il timore espresso direttamente dal capo delle forze armate ucraine che le truppe russe riescano a sfondare in qualche punto del fronte. «Dopo la caduta di Avdiivka all’inizio di febbraio la vita dei soldati ucraini è un macabro ticchettio che scandisce l’attesa dell’offensiva nemica».
«I russi si preparano a un’avanzata in forze» dicono i generali di Kiev, «la disparità tra le nostre forze e le loro è di 1 a 7, e gli arsenali sono vuoti». Fino a qualche settimana fa si parlava solo della carenza di munizioni e della impossibilità di rispondere al fuoco russo con la forza e la frequenza che sarebbero necessarie per resistere adeguatamente». Ora esce l’altra verità nascosta sino a ieri.
Un elemento che era nell’aria fin dal primo round dello scontro tra Zelensky e l’ex comandante in capo delle forze armate ucraine Zaluzhny. Lo ricordiamo tutti, il fegatoso generale insisteva sulla necessità di una mobilitazione in tempi rapidi in quanto «la guerra si combatte con i soldati», e il presidente che pensava forse farsi rieleggere, invocava armi e miracoli degli straricchi alleati scoperti di colpo sparagnini.
La mobilitazione obbligatoria del dopo Ieri tutti i giornali ucraini aprivano sulla legge approvata in via definitiva dal parlamento per richiamare alle armi ‘500mila coscritti introvabili coscritti’. Troppo dopo e fatto troppo male, valutazione politico strategica di alleati scoraggiati e delusi. Altro passaggio decisivo, le armi. «Senza soldati non si resiste, ma i soldati senza armi sono inutili e le forze armate ucraine sono in allerta rossa», la valutazione stampa più diffusa e meno disfattista.
Se cade Karkiv è la fine. Dopo Kharkiv, Kiev e Sumy ieri è stata colpita l’ennesimo impianto energetico, nell’area di Kryvyi Rih. Angieri riferisce di almeno 400 insediamenti ormai senza corrente: oltre mezzo milione di persone. Tattiva antica come tutto il feroce mondo delle guerre. Città divenute bersaglio a colpire il morale dei civili nelle retrovie. Mentre al fronte le postazioni sicure sono ormai un sogno. «Tra droni di ultima generazione e le bombe riadattate, si è ormai entrati in una nuova fase del conflitto».
Fina delle guerra di trincea, ora cariche della ‘fanteria meccanizzata’, avverte chi se ne intende. La situazione più critica nell’est. L’ultimo rischio, che gli invasori tentino una nuova offensiva verso Kharkiv, la seconda città d’Ucraina per abitanti prima della guerra, la «capitale dell’est». Qui, secondo diverse fonti, i russi avrebbero già ammassato 200mila soldati. E la prospettiva è decisamente drammatica.