
«Se un giorno l’Iran sarà un Paese libero è merito di queste persone, di queste ragazze che scendono in piazza e danno fuoco ai loro hijab, e a quegli uomini che stanno combattendo per le loro donne». Così scriveva Alessia Piperno in uno dei suoi ultimi post su Instagram e riporta sul Manifesto Farian Sabahi
«Alessia Piperno, Benjamin Brière e Clotilde Reiss sono cittadini europei, non hanno anche la nazionalità iraniana, i conseguenza, la Farnesina e l’Eliseo possono agire attraverso i canali diplomatici», sottolinea non a caso la giornalista. «Diversa la condizione di coloro che hanno doppio passaporto, iraniano e occidentale»: il caso della brava e coraggiosa collega Farian Sabahi. In quei casi Teheran riconosce soltanto la cittadinanza iraniana, «e quindi intervenire è più complesso».
Farian Sabahi cita di casi di Baquer Namazi, 85 anni, iraniano naturalizzato americano: detenuto con il figlio in Iran che, dopo un accordo tra Teheran e Washington, ha ottenuto l’autorizzazione per lasciare l’Iran. Una scambio. Dopo la liberazione dei Namazi, padre e figlio, le autorità della Repubblica islamica hanno dichiarato di essere in attesa dello sblocco di 7,1 miliardi di euro congelati all’estero. Soldi iraniani, bloccati in Corea del Sud in seguito alle sanzioni decise da Trump nel 2018, dopo aver stracciato l’accordo sul nucleare.
Ora questa somma potrebbe servire ad ayatollah e pasdaran per spaccare il fronte delle proteste, con un aumento dei salari e delle pensioni, ed elargendo sussidi.
«Tentativo di calmare gli animi di chi la notte scende in strada in primis contro carovita e disoccupazione; e si darebbe un risarcimento anche ai mercanti del bazar, il cui fatturato si è dimezzato: con le proteste, dopo le 5 del pomeriggio nessuno va più a fare compere».
Nel frattempo, la macchina della repressione continua a mietere vittime. Sono circa 1.200 gli iraniani arrestati durante le manifestazioni, almeno così dicono la sempre riduttive fonti giovernative. Domenica notte gli studenti del Politecnico Sharif di Teheran sono stati attaccati anche armi da fuoco, con proiettili di gomma ma con anima di acciaio, pericolosissimi, e gas lacrimogeni, dalle forze delle Guardie rivoluzionarie, da polizia e i agenti in borghese. Centinaia di persone si è recato nell’ateneo dopo la richiesta di aiuto da parte degli studenti. Molti hanno percorso in auto le strade intorno all’università, suonando i clacson e gridando slogan.
Decine di studenti del Politecnico sono stati arrestati e, secondo quanto riportano i social, ieri gli studenti di 111 università – tra cui quelle di Teheran, Isfahan, Kermanshah, Tabriz e Semnan – hanno scioperato a loro sostegno.
Dopo parecchio tempo, ieri il leader supremo Ali Khamenei ha preso la parola in pubblico. Segnale politico importante. Prima ha espresso rammarico per la morte di Mahsa Amini, che ha «spezzato i nostri cuori». Ma sulla proteste studentesche e non soltanto ha dichiarato: «Queste rivolte sono state pianificate. Se non fosse stato per questa ragazza, avrebbero creato un’altra scusa per fomentare l’insicurezza. Queste rivolte sono state progettate dall’America e dal regime sionista, usurpatore, aiutati dai loro sottoposti e da alcuni iraniani traditori all’estero. Gli Stati uniti sono contro un Iran forte e indipendente. Stanno cercando di riportare l’Iran all’epoca della dinastia Pahlavi, che obbediva ai loro ordini come una pecora».