Sanzioni studiate come strumento militare Usa da imporre agli alleati

Come sono nate le sanzioni contro la Russia volute da Biden e imposte agli alleati europei. Negli ultimi vent’anni l’uso delle sanzioni è aumentato quasi del mille per cento e la ‘Treasury Sanctions Review’ del 2021, ha ribadito che la loro imposizione sostituisce le armi, ma è essa stessa, di per sé, un’arma nelle mani del presidente senza vincoli di approvazione del Congresso.

‘Cultura delle sanzioni’ al 1000 per 100

Ormai la “cultura delle sanzioni”, per i Presidenti degli Stati Uniti, è diventata una componente indispensabile della loro politica estera. A differenza dall’uso della forza, la Casa Bianca può decidere tenendo fuori il Congresso da scelte che vengono prese “con somma urgenza”. Negli ultimi vent’anni, l’uso delle sanzioni è aumentato quasi del mille per cento e, sotto Biden, la “Treasury Sanctions Review” del 2021, il rapporto del Ministero, ha ribadito che la loro imposizione sostituisce le armi, ma è essa stessa, di per sé, un’arma, per affermare il potere deli Stati Uniti nel mondo.

Il giornale politico on line Vox

I nomi dei “superesperti” americani che hanno elaborato le sanzioni di Biden contro la Russia, secondo l’autorevole giornale politico on line “Vox” (20 milioni di lettori e i cui video fanno miliardi di visualizzazioni). Al Tesoro, il vicesegretario Wally Adeyemo e l’altro vice, Liz Rosenberg. Mentre due tecnocrati di Biden, Daleep Singh e Peter Harrell, hannmo contribuito dalla Casa Bianca.

Le sanzioni come arma

Le sanzioni non sono una risposta “non violenta” alla lesione, vera o presunta, di diritti universali. No. Sono un’arma (lo dicono gli stessi americani) che viene utilizzata come se si fosse in guerra e che, aggiungiamo noi, può causare, per fame, molte più morti delle bombe. È una strategia bipartisan, perché Obama, nel suo secondo mandato l’ha usata ben 2.350 volte e Trump, addirittura, 3.800 volte.

Le misure più drastiche in assoluto

La conta, per Biden, la stanno ancora facendo, ma il problema è che le sue misure sono le più drastiche mai prese in assoluto, perché, probabilmente, quelle usate in precedenza, a largo spettro, hanno quasi sempre dato risultati insoddisfacenti. Anzi, in alcuni casi, proprio modesti. Gli Stati Uniti hanno cercato di colpire, così, i “Paesi-canaglia” (Corea del Nord, Iran, Siria, Venezuela) e i grandi cartelli degli spacciatori di droga sudamericani. Ma proprio sulla base dei risultati delle sanzioni precedenti, questa volta, con la Russia, gli Usa hanno usato il cannone. E poi, attuando una strategia di “wait and see”, mano a mano che le misure non funzionavano, hanno alzato progressivamente il tiro. Fino a passare alle “bombe atomiche” commerciali, doganali e finanziarie.

Comando Washington trincea Europa

La centrale di verifica è sempre stata a Washington e il team di Biden ha “proposto” (usiamo questo termine per carità di patria) all’Europa il “timing” di nuovi pacchetti sanzionatori. La Von der Leyen, brava donna, ha solo dato voce agli input strategici della Casa Bianca. Come hanno fatto la Nato e, in fotocopia, il G7. Attenzione: sgombriamo il campo dalle facili critiche. Legittimo l’utilizzo delle sanzioni contro la Russia. Semplicemente, sono molto discutibili alcune di questa sanzioni. Dubbi su chi dà le direttive per applicarle in un certo modo e chi, in cauda venenum, pensa che i “danni di rimbalzo” debbano colpire solo ed esclusivamente l’Europa. E non gli Stati Uniti. Questo sistema, a “prova ed errori” (tanto, lui non rischia niente) Biden lo può adottare perché, nell’Unione Europea, la classe dirigente glielo consente, senza esigere correzioni.

Le correzioni mancate

Si tratta delle stesse governance che hanno continuato a fare business e affari d’oro con Putin, anche dopo che l’autocrate si era annesso la Crimea nel 2014. E che ora, improvvisamente, strepitano di “democrazia” che, è chiaro, fino all’anno scorso, per tutti non rappresentava un problema morale. E gli stessi personaggi stanno rovesciando sulle spalle dei loro cittadini tutto il peso di una crisi che, come abbiamo scritto, si è scatenata anche per colpa delle scelte sbagliate di Washington, dopo la sciagurata invasione russa dell’Ucraina. Gli ingegneri dello scasso economico e finanziario del pianeta, hanno solo fatto gli interessi degli Stati Uniti e delle loro “sfere d’influenza”. Sapevano che avrebbero esposto l’Europa alla spietata controffensiva economica di Putin, ma non se ne sono preoccupati abbastanza.

Impatto devastante energia

Hanno clamorosamente sottovalutato il devastante impatto sul mercato mondiale dell’energia e sulle catene di approvvigionamento, regalando al pianeta un’inflazione stratosferica e una recessione che potrebbe durare anni. Pagherà il mondo industrializzato, certo, ma pagherà soprattutto il pianeta di poveri, quello dei senzavoce e dei senzacasta, ignorato cinicamente dalla democrazia più industrializzata e ricca di tutte. Che per seguire il suo disegno evidente, cioè quello di abbattere definitivamente i nemici che le si parano davanti, si dimentica dei valori con cui è stata costruita la sua grande nazione.

Response to the Ukraine Crisis

Response to the Ukraine Crisis: Social Protection for Food Security and Nutrition” ammoniva un severo studio delle Nazioni Unite ad aprile. A parte Papa Francesco, nessuno ha avuto il coraggio di dire ciò che tutti pensano: anche la guerra che sembra più giusta, è sempre ingiusta.

Impegnatevi a chiudere il massacro dell’Ucraina, prima possibile. E non prolungatelo, offrendo una gigantesca opportunità a un universo di speculatori e faccendieri.

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