‘Spezzeremo le reni’ all’uso stupido di pessime frasi storiche

Il sottosegretario alla Giustizia: «Spezzeremo le reni al cancro delle correnti». Andrea Delmastro e il suo culto del Duce. La citazione di Mussolini è solo l’ultima di una lunga serie di inciampi per il sottosegretario rinviato a giudizio per violazione del segreto d’ufficio. A ‘C’era una volta’ la memoria storica di certo fraseggio mussoliniano finito decisamente male, ma prima un po’ di ‘cronaca locale’, tra il ridicolo e il preoccupante.

Vecchio vizio

Quello ‘spezzare le reni’ usato dal sottosegretario mentre parlava di riforma della giustizia conferma le nostalgie dell’esponente FdI. Vizio lontano, a ripercorrere le sue affermazioni social prima della ripulitura per opportunità di governo. Post celebrativo della marcia su Roma, ‘Anno LXXXIX’, scrive nel 2011. Anni in numeri romani contati sempre della mancata ‘era fascista’.
Ma le simpatie fasciste di Delmastro risalgono agli anni di gioventù. A quando, 16enne, è responsabile del Fronte della Gioventù a Biella e organizza un convegno con lo storico revisionista dell’Olocausto David Irving, che definisce Auschwitz una menzogna, e l’Olocausto un’invenzione della propaganda sionista.
Lesto di lingua e di mano. Nel 2004, il futuro vice di Nordio viene fermato dalla Digos e ritenuto autore del pestaggio di un giovane che aveva mostrato l’immagine di Che Guevara al termine di un comizio di Giorgia Meloni in un parco di Biella. Finisce a processo, viene assolto
Ma siccome tra i nostalgici di Mussolini ‘le radici non gelano’ (altra frase storica), l’impegno governativo per la riforma della giustizia un perentorio: «Spezzeremo le reni alle correnti del Csm». Suggerimento alla rinfusa, «La giustizia senza la forza sarebbe una parola priva di significato». O forse, «Quando mancasse il consenso, c’è la forza».

Promemoria per prossime citazioni governative mussoliniane

  • «La libertà senza ordine e senza disciplina significa dissoluzione e catastrofe».
  • «Regimi democratici possono essere definiti quelli nei quali, di tanto in tanto, si dà al popolo l’illusione di essere sovrano».
  • «La democrazia è un regime senza re infestato da molti re che sono spesso più esclusivi, tirannici, e distruttivi di uno, se è un tiranno».
  • «Al popolo non resta che un monosillabo per affermare e obbedire. La sovranità gli viene lasciata solo quando è innocua o è reputata tale, cioè nei momenti di ordinaria amministrazione».

Un accenno alla questione femminile, utile per Giorgia Meloni. «La donna è analitica non sintetica. Ha forse mai fatto dell’architettura in tutti questi secoli? Le dica di costruirmi una capanna non dico un tempio. Non lo può (…) Naturalmente essa non deve essere schiava ma se io le concedessi il diritto elettorale mi si deriderebbe».

Una tentazione di consenso pensando al ‘Palco reale delle prima alla Scala: «O Fascismo o antifascismo».

Frasi celebri e sciagurate

«Con l’Etiopia abbiamo pazientato quarant’anni! Ora basta!»

Il 2 ottobre 1935 fu annunciato l’inizio della guerra d’Etiopia con un discorso memorabile che rappresentava una sintesi dei valori della dittatura e della sua politica. Il fascismo – si diceva nel discorso – aveva ridato lustro all’Italia il cui ruolo internazionale dopo la Prima Guerra mondiale era stato sminuito e le promesse fatte dagli alleati non mantenute.
«Un posto al sole» individuando nell’Etiopia lo spazio di espansione. Due le rappresentazioni che – nel bene o nel male – sarebbero rimaste a lungo nell’immaginario collettivo nazionale: il «popolo di poeti, di artisti, di eroi, di santi, di navigatori, di trasmigratori» e l’«Italia proletaria e fascista».
Dopo la conquista del paese, ottenuta con bombardamenti aerei della popolazione civile e anche con l’impiego di aggressivi chimici – e soprattutto con dei costi enormi che avrebbero gravato a lungo sulle finanze nazionali –, le immagini furono più durature dell’effimero impero finito nel 1941 fino a diventare oggetto di pesanti ironie perfino nel teatro di rivista.

«Spezzeremo le reni alla Grecia!»

Subito col trucco degli orari. Alle sei del mattino del 28 ottobre 1940 il regio esercito mosse all’attacco della Grecia dalle basi di partenza in Albania. Ultimatum ad Atene alle tre della notte precedente, per fare in modo che non fosse possibile alcuna risposta e seguisse un’immediata resa greca. Tutto sbagliato, e oltre all’inattesa reazione greca e all’intervento inglese, si aggiunse anche una forte contrarietà tedesca all’operazione di cui non erano stati avvertiti.
Prima ancora che si delineassero i reali rapporti di forza sul campo nello scontro italo-greco, la guerra era cominciata in maniera fallimentare, e le cose peggiorarono rapidamente soprattutto a causa del maltempo e della difficoltà di rifornimenti. Mussolini, il 18 novembre dal balcone di palazzo Venezia, aveva promesso «Spezzeremo le reni alla Grecia!». (Avvertimento per il sottosegretario, tifoso impreparato NdR).
Il giorno dopo cominciò la ritirata italiana al di qua delle basi di partenza condotta con un tale disordine da provocare una grave perdita di materiali che si riuscì a rimpiazzare solo dopo mesi e mesi di sforzi. L’avvio della disfatta.

Il controverso «bagnasciuga»

Caduto il Nord Africa e dopo la resa in Tunisia dell’armata italo-tedesca nell’aprile 1943, fu evidente la possibilità concreta di uno sbarco anglo-americano in Sicilia, in Sardegna o addirittura sulle coste della penisola. Il 24 giugno Mussolini pronunciò un discorso che fu diffuso il 5 luglio dall’Eiar e dai giornali ed è oggi ricordato come ‘il discorso del bagnasciuga’.
Dopo una distinzione tra ‘sbarco’ (ritenuto possibile), ‘penetrazione e invasione’ da respingere, seguì la famosa frase: «Bisogna che non appena il nemico tenterà di sbarcare, sia congelato su quella linea che i marinai chiamano del ‘bagnasciuga’, la linea della sabbia dove l’acqua finisce e comincia la terra».
Inciampo anche linguistico tra ‘bagnasciuga’, parte di uno scafo galleggiante, e la ‘battigia’ di una spiaggia. A dispetto di quanto auspicato lo sbarco però avvenne comunque il 10 luglio e seguirono la ‘penetrazione’ e la peggiore ‘invasione’. L’ultimo discorso ufficiale di Mussolini prima della caduta del regime fu insomma un cattivo presagio. Il 24 luglio 1943, riunione a palazzo Venezia il Gran Consiglio che avrebbe estromesso Mussolini, le avanguardie alleate avevano già raggiunto Palermo.

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