Alcuni 31 dicembre di utile memoria

Anno che lasci sperando in meglio, ma quello che viene è soltanto il giorno dopo. Nella catena degli eventi, alcuni passaggi storicamente più importanti o almeno significativi. Per fortuna nostra, il ‘C’era una volta’, di Giovanni Punzo’.
A Mosca, 1991 e 1999, prima la fine dell’Unione Sovietica, e poi quella di Boris Yeltsin, sostituito da uno sconosciuto giovane Putin.
1946 a Washington, fine ufficiale della seconda guerra mondiale, mentre si avvia quella ‘fredda’ e nucleare.
1861, in Italia ci si conta. E gli italiani per la prima volta assieme si scoprono poco più di 20 milioni, e non tanti guai da affrontare.

Il 31 dicembre 1991 e 1999 a Mosca

Il 26 dicembre 1991 il Soviet delle Repubbliche, organo del Soviet Supremo che svolgeva di fatto le funzioni del parlamento, ratificò l’ultima decisione del presidente dimissionario Michail Gorbacev dichiarando sciolta l’Unione Sovietica. La decisione fu messa in pratica nella notte tra il 31 dicembre e il 1° gennaio 1992, anche se la bandiera rossa era stata già ammainata dal Cremlino poche ore prima delle decisioni ufficiali. Dopo la travagliata estate del 1991, con il fallito colpo di stato e l’ascesa al potere del controverso Boris Yeltsin, si apriva così una stagione di forte instabilità e di crisi interna.
Nel 1993, mentre la società russa era praticamente allo sbando e vasti settori economici in mano alla criminalità organizzata, Yeltsin si scontrò duramente con il parlamento all’interno del quale si discutevano le riforme economiche e le privatizzazioni. Alcuni rappresentanti, che si erano pronunciati contro lo scioglimento dell’assemblea decretato da Yeltsin, si asserragliarono al suo interno, ma furono sgomberati a forza con l’impiego di mezzi blindati: secondo fonti giornalistiche occidentali i disordini verificatisi nel mese di ottobre provocarono almeno un migliaio di vittime.
Yeltsin però ‘vinse’ le elezioni nuovamente nel 1996, ma continuò la grave crisi economica, mentre si moltiplicarono le accuse di corruzione e malversazione, anche se il presidente non fu mai processato. La fine arrivò ancora una volta il 31 dicembre, ma del 1999: in quella data Yeltsin si dimise infatti dalla presidenza della Federazione, ufficialmente per motivi di salute, indicando come successore un giovane e promettente politico che si chiamava Vladimir Putin.

Il 31 dicembre 1946 a Washington

Il 31 dicembre 1946 il presidente degli Stati Uniti Harry Truman dichiarò ufficialmente conclusa la Seconda guerra mondiale per quanto riguardava gli americani: in parte era vero, ma altre preoccupazioni non potevano dirsi finite del tutto, come ad esempio le occupazioni militari alleate in Europa o in Giappone che durarono ancora decenni. Ad ottobre si era concluso il processo di Norimberga con le esecuzioni di alcuni tra i principali gerarchi nazisti, ma altri processi continuarono, anche se in seguito la macchina della giustizia internazionale rallentò per fermarsi poi completamente. I processi avevano comunque sancito la fine della dittatura nazista e la nascita di un nuovo ordine internazionale, per tutelare il quale però l’America sembrava scettica o indecisa.
Il 5 marzo 1946, a Fulton, cittadina del Missouri, Winston Churchill pronunciò il celebre discorso da cui nacque l’immagine della ‘cortina di ferro’ che si stendeva dal Baltico all’Adriatico scuotendo non solo gli americani. Ad est si profilava insomma una possibile nuova minaccia ed Harry Truman fece proseguire la sperimentazione di ordigni nucleari: il primo test fu effettuato proprio nell’estate del 1946 nell’atollo di Bikini. In Grecia era ormai in corso la fase finale della guerra civile e ben presto gli inglesi avrebbero ceduto il campo agli americani. Anche nella lontana Corea, nonostante la spartizione della penisola tra le forze occidentali e la Cina e le attese elezioni generali auspicate dall’ONU, stavano maturando eventi che avrebbero agitato l’America.
Del resto, in quello stesso 1946, Harry Truman aveva anche ricevuto l’accorato appello di un leader politico per l’indipendenza del suo paese: il vietnamita Ho Chi Min infatti, reclamando la fine del colonialismo francese, si era dapprima rivolto agli Stati Uniti che ancora ignoravano in che guaio si sarebbero cacciati vent’anni dopo.

Il 31 dicembre 1861 in Italia

Dopo la proclamazione del regno d’Italia, approvata dal parlamento il 17 marzo 1861 a Torino, fu chiaro a tutti che occorreva anche ‘fare gli italiani’, ma prima era necessario conoscerli. L’8 settembre 1861 fu approvato un decreto che stabiliva la data del 31 dicembre per effettuare un censimento generale della popolazione del nuovo stato. Senza un censimento che stabilisse numeri certi del resto non sarebbe stato possibile progettare nuove infrastrutture come strade o ferrovie, impostare un’equa politica fiscale, né avviare il sistema della coscrizione obbligatoria.
Non ci furono questionari da compilare – e del resto considerando il livello ancora elevato di analfabetismo non sarebbe stato possibile –, ma furono istituite commissioni ‘statistiche’ comunali e provinciali che avrebbero raccolto e trasmesso i dati utilizzando per la prima volta un metodo comune e condiviso. Le commissioni lavorarono a livello locale per circa tre mesi e anche l’elaborazione fu piuttosto lunga perché si protrasse per altri tre anni fino alla pubblicazione ufficiale di parecchi ponderosi volumi.
La popolazione totale del regno risultò al 31 dicembre 1861 pari a 21.777.334 persone: il 51% di sesso maschile, con un’età media di 27 anni e una bassissima percentuale di ultrasettantenni. Una famiglia media risultava composta da quattro persone e alto era stimato il tasso di natalità, perché i bambini sotto i 10 anni rappresentavano quasi un quarto della popolazione. Nelle campagne risiedeva il 68,5% del totale; gli analfabeti dai cinque anni in su risultarono 14.053.714, con una media del 75% e punte del 90% nelle province del Mezzogiorno; l’analfabetismo femminile era del 10% maggiore di quello maschile. Una prima fotografia in bianco e nero, ma nitida, anche se non lusinghiera per l’istruzione.

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