Egitto più atomico e russo ma solo elettrico. Altri attorno non è detto

La megacentrale atomica di El-Dabaa, sulle sponde mediterranee del Paese dei faraoni. Qualche giorno fa, il Presidente dell’Egitto e il leader del Cremlino si sono incontrati. Virtualmente, in videoconferenza. Occasione, l’inaugurazione del quarto reattore dell’impianto nucleare progettato dalla società russa Rosatom, nel 2015. Costo: 30 miliardi di dollari. E non ci sono sanzioni che tengano.

Egitto ad orbita internazionale rotante

Certo, l’Egitto è sempre stato, già dall’era del saggio Sadat, un Paese stabilmente nell’orbita politica e militare dell’America. Tranne che nel periodo di Mohammed Morsi, che infatti poi fece una brutta fine. Tuttavia, El-Sisi è un tipo che applica una vecchia massima della diplomazia ottocentesca: in politica estera non ci sono né amici e né nemici, ma solo interessi. E, in particolare, quando si tratta di economia, gli abbracci si moltiplicano e non ci sono condizionamenti di blocco o alleanze che tengano. Quindi, nonostante i trattati e tutti gli impegni sottoscritti con Washington, il Cairo si tiene le mani libere per cooperare con chiunque. Specie con chi offre, come Putin, possibilità di avere energia a prezzi scontatissimi. E l’Egitto, con oltre 100 milioni di abitanti e una cronica carenza di materie prime, cerca giusto partner in grado di soddisfare queste sue esigenze.

Sull’altra sponda del Mediterraneo

A El-Dabaa, a circa 170 km da Alessandria, l’impianto completato (probabilmente entro il 2028) sarà in grado di produrre 4,8 GigaWatt di energia elettrica. Facendo alcuni rapidi calcoli, ciò dovrebbe essere sufficiente a coprire almeno il 10% del fabbisogno nazionale. Sullo sviluppo della centrale, gli Stati Uniti hanno chiuso un occhio, evitando di mettersi di traverso (vista la presenza della Russia) con obiezioni geopolitiche. A tal punto, che al consorzio costruttivo partecipa anche una società sudcoreana, la Korea Hydro and Nuclear Power Company. El-Sisi vuol dare priorità assoluta allo sviluppo della produzione energetica, anche per prevenire possibili turbolenze sociali. La scorsa estate, la popolazione egiziana ha dovuto subire frequenti black-out elettrici. A luglio, il Ministro degli Interni, Mostafa Madbouli, ha annunciato la necessità di ‘interruzioni programmate’, per ovviare all’improvviso aumento della domanda di energia. Una situazione di disagio che, comunque, secondo gli analisti, dura da molto più tempo e rischia di innescare pesanti agitazioni sociali.

Elettricità: cibo, acqua, sanità

Human Rights Watch sostiene che «i tagli alle elettricità colpiscono le persone nella necessità di avere cibo, acqua e assistenza sanitaria». Comunque, il vero problema è che l’elettricità egiziana viene prodotta, principalmente, utilizzando il gas naturale. Il Paese ha raggiunto l’autosufficienza, cominciando anche a esportarlo nel 2018. Successivamente, si è creata una strana situazione: si razionava il gas per uso nazionale e si vendeva all’estero l’eccedenza, racimolando valuta pregiata. Un processo che si è addirittura rafforzato dopo l’intesa con Tel Aviv. Adesso si importa il gas israeliano e si esporta quello egiziano. Si risparmia sulla produzione di energia elettrica e i disagi li pagano i cittadini. Ecco perché il nucleare di Putin viene visto come un’ancora di salvezza, da parte di El-Sisi.

Egitto sempre più russo

L’interscambio commerciale tra Egitto e Russia è in costante aumento. Nel 2022, le esportazioni verso Mosca sono aumentate del 21,6%, fino a 595,1 milioni di dollari. Mentre, in direzione opposta, i russi sono riusciti a vendere nel grande Paese nordafricano il 15,5% in più, toccando i 4,1 miliardi di dollari di fatturato. Ma, da altri punti di vista, l’importanza dell’accordo russo-egiziano sulla centrale nucleare di El-Dabaa deve essere attentamente riconsiderato. C’è una sorta di offensiva tecnologica russa, riguardante l’energia nucleare, in tutta l’area del Medio Oriente. Non solo Egitto, ma anche Turchia, Giordania (reattori modulari), Emirati Arabi Uniti e Arabia Saudita. In quest’ultimo caso, si tratta di un concorso internazionale al quale sono state invitate a partecipare aziende di Mosca.

Iran sempre più atomico

E, sullo sfondo, c’è il convitato di pietra più inquietante: l’Iran. Una volta Paese isolato da una sorta di cordone sanitario diplomatico. Ma oggi alleato, a tutti gli effetti, di Vladimir Putin, e pronto a offrigli ogni aiuto possibile. E a pretendere, in cambio, quella tecnologia nucleare per usi militari, che sta facendo saltare molti dei vecchi equilibri geopolitici occidentali faticosamente costruiti in Medio Oriente, nel corso degli ultimi decenni.
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