
Il governo di Netanyahu non è mai stato né un modello di democrazia e manco di ‘unità nazionale’. E, nel variopinto assemblaggio della sua coalizione, qualcuno ha svelato a chi poteva intervenire ad impedirlo, le intenzioni molto aggressive dell’ala militare. Obiettivo, sfruttare l’occasione offerta dagli orrendi massacri di Hamas, per chiudere i conti, sul Golan e nel Libano del sud, anche con la storica spina nel fianco di Hezbollah. Fare quello che non era risuscito nella invasione del 2006. A elaborare la ‘blitzkrieg’, la guerra-lampo israeliana per liquidare le milizie sciite è stato il generale Gallant, attuale Ministro della Difesa, d’intesa, ovviamente col premier Netanyahu.
Quando è arrivata la notizia alla Casa Bianca, narrano che si sia scatenato un pandemonio. Dal Dipartimento di Stato, al Pentagono, al Consiglio per la Sicurezza nazionale, evidente a tutti lo straordinario azzardo della sfida ai militanti sciiti in Libano a Siria, e soprattutto all’Iran, eterno nemico chiave per Israele. A quel punto, si è messa in moto la macchina della ‘persuasione americana’ con tutto il suo peso, con Antony Blinken, prima, a fare da ‘corriere’ e, infine, con la presenza dello stesso Biden, che ha voluto rimarcare nel suo discorso «la necessità di non farsi vincere dalla rabbia».
Ecco come il New York Times spiega il momento: «Il tentativo degli alti funzionari americani di impedire un’offensiva israeliana contro Hezbollah, riportato qui in dettaglio per la prima volta, rivela le preoccupazioni dell’Amministrazione Biden sulla pianificazione bellica del primo ministro Benjamin Netanyahu e dei suoi collaboratori». Timore chiave, che Israele faccia il passo più lungo della gamba, coinvolgendo Hezbollah e l’Iran, e poi costringa gli Stati Uniti a intervenire per togliergli le castagne dal fuoco. Uno scenario spaventoso che, al di là delle frasi di circostanza pronunciate dal Presidente Usa sulla potenza americana, gli ‘strategist’ del Consiglio per la Sicurezza nazionale di Washington stanno facendo di tutto per evitare.
«I funzionari americani – scrive il NyT – hanno consigliato alle loro controparti israeliane di fare attenzione e di evitare che le loro azioni nel Nord contro Hezbollah e nel sud, verso Gaza, non diano alle milizie sciite libanesi un facile pretesto per entrare in guerra. Questi delicati colloqui hanno avuto luogo durante la visita di Biden a Tel Aviv e nel corso dei lunghi negoziati, tenutisi in Israele, con il Segretario di Stato Antony Blinken». Chi ha sintetizzato il nodo scottante dei colloqui, ha aggiunto che gli americani, pur cercando di essere ‘meno invadenti possibili’, hanno espresso «la loro grande preoccupazione».
Attenzione e preoccupazione Usa che, come sottolinea tutta la stampa internazionale, già si è tradotta in un massiccio schieramento di forze preventivo, con ben due gruppi di portaerei d’attacco. Misure che certamente sono state prese nella deprecabile ipotesi che, all’orizzonte, spuntasse qualche altro formidabile avversario regionale. Come l’Iran degli ayatollah. In ogni caso, le raccomandazioni americane devono essere prese sul serio dagli israeliani.
Hezbollah, solo nella porzione meridionale del Libano, a ridosso del Golan, ha milizie numerose e molto bene armate. Si parla di una forza di almeno 30 mila combattenti e di una straordinaria dotazione di razzi. Qualcuno dice che ‘il Partito di Dio’ dello sceicco Nasrallah abbia, nei suoi arsenali, almeno 100 mila armi di questo tipo, pronte a essere lanciate su mezzo Israele.
Nonostante ciò, il Ministro della Difesa israeliano, Yoav Gallant, riporta il New York Times, avrebbe confessato a Blinken, di essere stato sul punto di ordinare un attacco generale, a sorpresa, contro Hezbollah. La proposta pare che non sia passata per un pelo, perché altri esponenti del governo l’hanno trovata troppo pericolosa. Per ora. Per questo, aggiunge sempre il giornale Usa, Biden e Blinken hanno speso gran parte del loro tempo per spiegare agli israeliani «gli errori fatti dagli Stati Uniti dopo l’11 settembre». A cominciare dalla guerra contro l’Afghanistan e proseguendo con l’occupazione dell’Iraq.
«Fino a questo momento – conclude il New York Times -Netanyahu si è astenuto dall’approvare un attacco in grande stile contro Hezbollah, così come sostenuto dal Ministro Gallant e da altri generali. Ma in guerra le cose cambiano, da un giorno all’altro».