‘Dio li fa e poi li accoppia’ il detto, ma Trump+Musk diventa bestemmia

Trump incassa il sostegno di Elon Musk, l’uomo più ricco del mondo, ma teme la diaspora tra i repubblicani, segnala dagli Stati Uniti Gianni Riotta. Non una corsa tutta in discesa, la sua, come troppa stampa da ‘sondaggi dipendente’ ripete. Certe brutte compagnie fanno paura persino all’ala destra dell’America. Anche se per Biden non sono certo rose e fiori.

 

Mercato elettorale, grossi calibri grossi interessi

Donald Trump incassa il sostegno di Musk ma teme la diaspora tra i repubblicani, avverte l’agenzia reuters. Lui ovviamente con la realtà ci litiga sempre. «Il partito repubblicano sarà presto riunito», afferma Trump rivolgendosi agli elettori di Haley, la concorrente costretta alla resa, per frenare una temuta diaspora centrista. Ma Trump sa di avere ancora ostacoli davanti e per questo ha dovuto ‘genuflettersi in privato’, a Elon Musk, miliardario patron della piattaforma social X, ex twitter, che nelle ultime presidenziali ma con altra proprietà, mise al bando gli sproloqui trumpiani, accusandolo di disinformazione.

Musk furbo, scommette ma senza esagerare

Musk, molto simile alla sua scommessa politica, dice e subito si contraddice. Dice di non voler dare fondi né a Biden, né a Trump, «ma ogni suo post su X è invece chiassoso appoggio ai repubblicani» e, pur senza finanziamenti, X lavorerà per i populisti che sono la base elettorale più forte dell’ex presidente cacciato.

Social senza regole e senza scrupoli

Come X, anche Meta-Facebook ha ridotto al minimo, gli addetti alla sicurezza digitale sulle elezioni e, secondo un recente rapporto appena della New York University, ci sono minacce di sabotaggi, interne o internazionale, che le tribune politiche tv, ancora in forse visto l’astio fra i due candidati, non colmeranno. «Secondo la rivista scientifica Nature, il rumore di fondo che confonderà il voto 2024 sarà assordante, andremo alle urne nella nebbia Biden-Trump».

Trump davvero vincente come da sondaggi?

A dar retta agli schermi di Fox News e siti e tv filorussi, in Italia ed Europa, Trump ha già un piede sullo zerbino della Casa Bianca. «Biden è indietro, ma la partita è aperta», sostiene ancora Riotta. «Assillato dai processi in corso, con decine di milioni di spese legali, è giusto di ieri il mandato a comparire in Arizona sulle manovre per manipolare i risultati 2020, Trump ha in cassaforte 30 milioni di dollari, contro i 59 di Biden e molti finanziatori diffidano di lui». Peggio, un terzo degli elettori trumpiani annuncia che, in caso di condanna per reati, non lo voterà e la sentenza della Corte Suprema ’trumpiana’ contro l’aborto angoscia milioni di donne.

Una sfida tra due debolezze

Biden indietro nei sondaggi, ma non troppo. Con segnali di sostegno popolare contradditori ma concreti. «Dall’inizio della campagna abbiamo raccolto 280 milioni di dollari, e a gennaio avevamo la storica somma di 130 milioni. Questi soldi vengono soprattutto da piccole donazioni, che indicano l’entusiasmo degli elettori. Gruppi alleati di Biden hanno poi promesso di spendere almeno 700 milioni di per battere Trump». Soldi che verranno per una campagna pubblicitaria a tappeto contro l’avversario, che invece «a gennaio ha raccolto 8,8 milioni e ne ha spesi 11,5, finendo con un deficit di 2,6 milioni».

Sondaggi impietosi

«Considerando che Biden è presidente e l’economia va bene, la conferma dovrebbe essere scontata. Invece secondo il New York Times è in svantaggio a livello nazionale, con Trump al 48% e lui al 43%, e negli stati chiave, perché perderebbe Michigan, Nevada, Arizona e Georgia, concedendo 283 voti elettorali a Donald e quindi la Casa Bianca. La differenza rispetto al 2020 è che l’impopolarità dell’avversario è rimasta invariata, cioè alta, ma la sua è peggiorata, soprattutto per età, debolezza, inflazione e immigrazione», denuncia Mastrolilli.

Mentre sul conto va aggiunta la politica estera oscillante, tanto/troppa Ucraina e poca determinazione di fronte al massacro di Gaza di fatto consentito dall’amministrazione col sostegno ini armi a soldi all’impresentabile governo Israeliano dell’ultradestra teocratica di Netanyahu.

 

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