Cibo e ingegneria balistica, accompagnata dalle relative componenti elettroniche, viaggeranno in direzione Pyongyang, mentre proiettili d’artiglieria, obici e razzi finiranno negli arsenali di Mosca. Allarme occidentale pronto alla gran cassa e ora quasi silenziato. Che sta accadendo dietro le quinte? Dopo un’iniziale fiammata di proteste -il vice-speaker del Dipartimento di Stato, Vedant Patel, il primo a partire all’attacco-, gli Stati Uniti hanno un po’ frenato. Con John Kirby, il portavoce del Consiglio per la Sicurezza nazionale Usa, forse allarmato dai troppi fronti di tensione aperti dal suo Paese: «Pensiamo che ci possa essere uno scambio di questo tipo (cibo-armi). Ma ancora non è avvenuto. E poi non è detto che le armi e le munizioni eventualmente fornite debbano essere usate contro gli ucraini».
La verità è che l’Intelligence americana aveva informato Biden da un pezzo, e che il baratto Kim-Putin era già stato rivelato dal New York Times. Quindi, fatta la tara a mosse e contromosse (sapevo non sapevo), l’escalation della guerra in Ucraina non la controlla più nessuno e il confronto diventa su chi possiede (e getta) più bombe. Anche a casaccio. Ma questa volta, oltre il polverone di maniera e schieramento quando si parla di Ucraina, questa volta l’agenzia di stampa britannica Reuters ci ha voluto vedere chiaro e ha fatto i conti in tasca e negli arsenali dell’ospite Kim e del padrone di Casa Vladimir. Dunque, da un rapido giro d’orizzonte con alcuni esperti, la situazione non è proprio così tragica per come la raccontano alla Casa Bianca, la quale ha proclamato che «Putin vuole acquistare milioni di proiettili d’artiglieria e di razzi».
Bombe coreane di che tipo? si chiede Siemon Wezeman, del Sipra di Stoccolma. E, soprattutto, in che condizioni di stoccaggio? Il materiale nordcoreano è abbastanza ‘rustico’, di massa, buono per essere utilizzato in attacchi di saturazione. Molti proiettili non scoppiano, altri esplodono ma nelle mani degli artiglieri che dovrebbero lanciarli. Insomma, sparare quelle bombe è una vera lotteria: per la maggior parte è materiale dell’epoca sovietica. Quindi, se da un lato è compatibile con tutto l’arsenale datato finora utilizzati dall’ex Armata Rossa, dall’altro non è certo il massimo della precisione e della deterrenza. Ma i russi si difendono, in questa fase della guerra. Trincerati dietro fossati e cavalli di Frisia, circondati da piatti terreni inzuppati di mine (fino a sette per metro quadrato), senza l’assillo di dover manovrare, allungando così le linee di rifornimento, aspettano. E sparano senza troppa precisione, ma utilizzando un volume di fuoco impressionante.
Il famoso ‘barrage’ fatto di colpi d’artiglieria concentrati e ripetuti, sbaglia i bersagli, ma fa danni lo stesso. Secondo stime degli esperti occidentali, citati dalla Reuters, l’anno scorso le forze russe hanno sparato fino a 11 milioni di colpi d’artiglieria sulle posizioni ucraine. E il Cremlino è ansioso di ricevere proiettili da 100 e 150 mm. di calibro ora stipati nei magazzini militari di Pyongyang.
Da un punto di vista diplomatico, la situazione si fa sempre più ingarbugliata. Il Dipartimento di Stato Usa ricorda che, qualsiasi attività di import-export di armi con la Corea del Nord, viola le risoluzioni delle Nazioni Unite. Per quanto valgono visto che molti amici stretto occidentali, Israele a fare un nome, le trattano come carta straccia. E a confermare che il business sicuramente si farà è Jenny Town, esponente del think tank ‘38 Parallelo’: «Ci sono chiare indicazioni che la Russia sta già fornendo al regime di Pyongyang quantitativi di grano e rifornimenti di petrolio». Inutile sottolineare che le preoccupazioni di Washington non riguardano solo Kiev, ma toccano anche le tensioni esistenti in Estremo oriente. L’assistenza russa alla missilistica e alle capacità nucleari della Corea del Nord apre un altro fronte, finora fin troppo trascurato dalla Casa Bianca.
Il problema, dunque, non riguarda solo la geopolitica europea, ma si estende, pericolosamente, fino all’Indo-Pacifico. Una Corea del Nord trasformata in Paese-laboratorio dello sviluppo bellico delle autocrazie, può essere una brutta notizia per tutto il pianeta. Il ‘double standard’ di Biden e dell’Occidente non funziona. Peggio: sta affossando in modo esponenziale la geopolitica internazionale, facendo saltare i fragili equilibri faticosamente costruiti nel corso di decenni. Washington e Bruxelles vogliono mandare un messaggio da ‘pensiero unico’ a tutto il mondo.
Ma stentano a capire che si tratta di un boccone troppo grosso e che, continuando di questo passo, perderanno per strada (se non li hanno già persi) tutti i ‘non allineati’. O forse, meglio dire, i ‘non occidentali’. Per questo va fermata, prima che sia possibile, la guerra in Ucraina. Anche per evitare che, in altre aree della Terra, si aprano nuove ferite, difficilmente rimarginabili.
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