Le emissioni, invece, continuano a crescere e di questo passo entro il 2030 anziché scendere del 45% aumenteranno del 10%. Con conseguente aumento delle temperature di ben 2,8 gradi entro la fine del secolo. Uno scenario catastrofico accelerato, a sua volta, da un contesto geopolitico sempre più chiuso e competitivo in cui la guerra in Ucraina e le tensioni su Taiwan stanno facendo da destabilizzatori, segnala tra gli altri ISPI.
Nel frattempo i paesi che emettono meno CO2 e sono più vulnerabili e colpiti dalla crisi climatica insistono per ricevere finanziamenti da 100 miliardi l’anno dai paesi più sviluppati e inquinanti. In quest’ottica, la questione del “loss and damage” – i soldi che i paesi più ricchi devono dare a quelli in via di sviluppo per i danni già subiti da una crisi che non hanno contribuito a creare – sarà centrale nella COP27 ospitata proprio dall’Africa, uno dei continenti più poveri e maggiormente colpiti dall’emergenza climatica.
Conferenza Onu a Sharm el Sheikh, in una penisola del Sinai blindata per le misure di sicurezza. «Dagli incontri dello scorso anno a Glasgow in Scozia, solo 26 dei 193 paesi che hanno accettato di intensificare le loro azioni per il clima hanno seguito piani più ambiziosi», segnala e assieme denuncia ISPI. Il timore è che soprattutto tra i paesi del G20 c’è chi voglia rallentare il cammino verso la decarbonizzazione e la lotta alle emissioni a causa delle crisi energetiche e dei conflitti in corso.
Il clima di competizione tra Stati Uniti e Cina, inoltre, ha ridotto i margini di collaborazione tra i due maggiori inquinatori a livello globale con prospettive fosche per tutti. Mentre nel breve periodo anche l’Europa ha dovuto adottare decisioni non in linea con i suoi target, per esempio riguardo al gas naturale, che la tassonomia Ue ha incluso nelle attività di transizione sostenibile. «È innegabile che la crisi geopolitica abbia conseguenze profonde sulle politiche per il clima», osserva l’inviato speciale italiano per il clima, l’ambasciatore Alessandro Modiano.
Inquinamento a correre e neppure i 100 miliardi di dollari all’anno fino al 2025 promessi per aiutare i paesi in via di sviluppo, e li impegnava a raccogliere una cifra almeno pari a tale importo, ogni anno, fino al 2025. Tale cifra –quanto me arriva realmente-, ora dovrà essere destinata alle cosiddette ‘misure di adattamento’, prepararsi ad affrontare gli impatti del cambiamento climatico già in atto. Stati Uniti ed Unione Europea si sono già opposti alla richiesta di creare un fondo e alla COP27 sarà forse affrontata un’idea diversa: risarcire i paesi in via di sviluppo tramite una nuova tassa globale sulle energie fossili.
Organizzazioni ambientaliste estremamente critiche nei confronti dell’evento. E solo perché la Conferenza ‘non sta funzionando’, ma anche perché il governo del Cairo – artefice di una durissima repressione interna contro ogni forma di dissidenza e attivismo politico – intende farne una vetrina per il mondo. Nelle carceri del paese si stima ci siano circa 60mila prigionieri politici e solo negli ultimi giorni le forze di polizia hanno arrestato 67 attivisti. In un carcere del paese si trova anche Alaa Abdel Fattah, il blogger della rivoluzione condannato nel 2013 a cinque anni di carcere, prima di finire nuovamente rinchiuso ed essere condannato ad altri cinque anni nel dicembre del 2021.
Per chiedere la sua scarcerazione 13 premi Nobel per la letteratura hanno scritto una lettera aperta indirizzata fra gli altri al segretario generale dell’Onu Guterres e al presidente americano Joe Biden.
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