A questo punto, almeno una cosa è sicura: a sabotare i due gasdotti Nord Stream non sono stati i russi. Anche se questo l’avevano capito pure gli sprovveduti, meno, ovviamente, i ‘duri e puri’ che sostengono le finalità ideali di una guerra all’ultimo sangue. Dopo il clamore suscitato dagli articoli del premio Pulitzer Seymour Hersh, che aveva accusato del proditorio attacco gli Stati Uniti, ora arrivano le rivelazioni del New York Times, che cambia obiettivo: i ‘cattivi’ questa volta sarebbero nientemeno che gli ucraini, diventati improvvisamente dei novelli Rambo. Per la serie ‘quando la pezza è peggio del buco’, non è che la spiegazione offerta dal quotidiano liberal americano risulti particolarmente convincente. In primis, perché il lungo articolo che descrive i fatti parla di «fonti anonime dei servizi di intelligence Usa, che avrebbero condotto indagini ed elaborato una ‘estimate’ molto di massima». E poi, perché (guarda tu), il pezzo del Times arriva, quasi ad orologeria, per togliere le castagne dal fuoco a Joe Biden.
Infatti, e facciamo un passo indietro, Hersh aveva documentato, con grande dovizia di particolari, un altro scenario, che vedeva protagonisti del sabotaggio uomini-rana dell’US Navy, che avrebbero agito, è ovvio, su ordini della Casa Bianca. Biden si sarebbe deciso così, secondo Hersh, a togliere una vecchia spina da un fianco degli Stati Uniti. Cioè a spazzare via, senza appello, la dipendenza energetica della Germania (e quindi dell’Europa) dalla Russia, con tutte le conseguenze geopolitiche del caso. La cosa, secondo spifferi di corridoio, sarebbe a conoscenza di molti servizi segreti occidentali (persino tedeschi), ai quali, per motivi di ‘realpolitik’, sarebbe stato chiesto di girarsi dall’altro lato. Il motivo? Come avrebbe potuto spiegare, il Cancelliere Scholz, ai berlinesi un’operazione-kamikaze di questo tipo? E infatti non l’ha spiegata, né mai la potrà forse spiegare, soprattutto ai suoi elettori, che ribollirebbero di rabbia solo pensando a cotanta scombiccheratissima strategia: affondare 20 miliardi di euro, rinunciare per sempre al gas russo pagato due soldi e vedersi recapitare invece bollette gonfiate a dismisura. Se non è manicomio, poco ci manca.
Si, lo sappiamo, ci sono in gioco i valori della libertà occidentale. Ma siamo veramente sicuri che sia sempre e solo così? Oppure ha ragione da vendere un grande analista (americano), come John Mearsheimer, quando parla del fatto che ‘l’estremismo idealista porta sempre e comunque alla guerra?’. Intanto, la Procura federale tedesca ha reso noto ‘che sta indagando su una barca sospetta’. Lasciamo perdere e torniamo alle ‘historie’ sulle quali si arrampica un pochino il New York Times, onusto di glorie e di allori, ma forse anche ansioso di coprire le spalle al Presidente Usa. Il giornale sottolinea, spremendo la documentazione della misteriosissima ‘estimate’ dell’intelligence americana, come Zelensky e il suo governo fossero all’oscuro dell’attacco portato dagli sconosciuti sabotatori ucraini. Naturalmente, i ‘Servizi’ a stelle e strisce sono liberi di raccogliere indiscrezioni e di processarle, per poi proporre teoremi. Così come il New York Times è libero di divulgarle, anche se ogni tre parole ‘frena’, precisando che in qualche caso si tratta di voci non confermate, in altri di approssimazioni e in altri ancora di deduzioni.
Insomma, ci siamo capiti. Chi si arrampica sugli specchi, finisce sempre per scivolare. Solo un idiota potrebbe pensare che se le bombe le hanno messe gli ucraini, e che Zelensky non ne sapesse niente. Se i russi non sono stati (chi si spara nei piedi per far piacere all’avversario?) come hanno confermato gli stessi americani, allora chi c’è dietro l’attentato ai due gasdotti Nord Stream?
Tutti gli indizi puntano sul 1600 di Pennsylvania Avenue, a Washington, nota nel mondo come Casa Bianca. Era il 7 febbraio 2022, quando Katie Rogers pubblicò, sul New York Times, un articolo dal titolo molto significativo: «Biden dice che un gasdotto Russia-Germania non andrebbe avanti se Mosca invadesse l’Ucraina». Si era nel pieno di schermaglie diplomatiche sempre più violente, accompagnate da minacce e messe in guardia. Il Presidente Usa stava cercando di coalizzare l’Europa, per la sua crociata anti-Putin e, in particolare, di tirare dal suo lato il Cancelliere tedesco Scholz, il quale, dal canto suo, nicchiava. Troppi gli interessi in ballo, tra Mosca e Berlino, per prendere subito di petto la Russia. Ma perché tutti capissero, fino a dove gli Stati Uniti potevano arrivare, Biden fece una dichiarazione: «Se la Russia invade, ciò significa carri armati e truppe che attraversano il confine con l’Ucraina. In questo caso, non ci sarà più un Nord Stream 2. Metteremo fine a tutto questo».
E a chi gli chiedeva in che modo ciò sarebbe stato fatto, Biden semplicemente replicò: «Vi prometto che saremo in grado di farlo». Beh, aveva ragione lui. O c’è bisogno di un altro articolo del New York Times, per rifletterci sopra?
Uno yacht noleggiato da un’impresa polacca intestata a due ucraini ritrovato in un’isola danese con tracce di esplosivo a bordo. Cinque sub e una dottoressa con un furgone zeppo di «attrezzature speciali» presenti al porto di Rostock 20 giorni prima dell’attacco al gasdotto. L’informativa top-confidential spedita lo scorso autunno da «un servizio di intelligence occidentale» ai partner europei in cui si profilava il sabotaggio del Nord Stream per mano di un imprecisato «gruppo ucraino»: esattamente l’ipotesi del New York Times.
L’inchiesta giornalistica congiunta del settimanale Die Zeit con i canali della tv pubblica Ard, Swr e Rbb che restituisce l’inedita versione tedesca del «mistero» del Nord Stream. «È stata un’operazione sotto copertura portata a termine da una squadra di sei persone composta da un capitano, due sommozzatori, due assistenti-sub e un medico donna che ha trasportato gli esplosivi nel luogo di utilizzo». Nessun indizio sui mandanti né sulla nazionalità degli autori: «Avevano passaporti falsi», specifica l’inchiesta secondo cui lo yacht sarebbe stato noleggiato da «una società con sede in Polonia apparentemente di proprietà di due ucraini».
La data-chiave dell’operazione: «Il gruppo è salpato da Rostock il 6 settembre 2022. L’attrezzatura per l’azione era stata precedentemente trasportata al porto a bordo di un furgone. Lo yacht è stato segnalato il giorno dopo a Wieck auf dem Darss (Germania) e successivamente sull’isola danese di Christiansø, a nord-est di Bornholm». «L’imbarcazione è stata restituita al proprietario con tracce di esplosivi sul tavolo della cabina».
A Berlino il governo Scholz non commenta l’inchiesta dei media nazionali. In compenso il portavoce fa sapere che ha «preso nota del recente rapporto del New York Times nel rispetto della sovranità sulle indagini della procura federale».