Piccolo Montenegro, grosse contraddizioni, l’eterno Ðjukanovic

L’eterno leader Milo, de leggere Giukanovic, uomo di potere dal governo o dalla presidenza e persino, per quel poco che stato costretto, dall’opposizione. Prima erede di Milosevic poi suo acerrimo nemico, filo serbo e poi fautore della rottura delle piccola federazione jugoslava con Belgrado. Dal fronte adriatico del contrabbando quasi di Stato, alla Nato sulle stesse rotte. Insomma, da Cetigne, antica capitale del regno da cui l’Italia ha avuto la regina Elena e la statura per gli eredi Savoia, a Podgorica (Podgoriza), ex Titograd, con Djukanovic che questa volta potrebbe perdere –e forse definitivamente-, il suo regno. 

Ballottaggio presidenziale

La sfida tra il presidente uscente Milo Djukanovic e il giovane economista Jakov Milatovic. Uno scontro che è anche generazionale tra il 61enne capo dello stato in carica, veterano della politica montenegrina ai cui vertici è da un trentennio, sia come presidente sia come capo del governo, e il 37enne esponente di un nuovo corso che intende svecchiare e rinnovare la politica e la vita sociale nel piccolo Paese balcanico di ‘cugini slavi’, montegrini e serbi, spesso in lite.

Vecchia politica tra partiti e clan

Al primo turno del 19 marzo scorso Djukanovic, leader del Partito democratico dei socialisti (Dps), ha ottenuto il 35,37% dei voti, mentre a Milatovic, candidato del Movimento Europa ora (Pes), è andato il 28,92%. Entrambi si dicono certi della vittoria oggi, con il giovane sfidante fiducioso in un forte recupero potendo contare sull’appoggio annunciato da tutti gli altri 5 candidati in lizza al primo turno.

Che sia il ‘dopo Djukanovic’

Per Milatovic la parola d’ordine è ‘mandare in pensione Djukanovic’, ritenuto responsabile di una lunga stagnazione politica, economica e sociale in Montenegro, e del fiorire di corruzione e criminalità. Nei suoi appelli agli elettori, Milatovic invita a fare la scelta giusta fra coloro che hanno spinto il Paese nella stagnazione e nella sfiducia e quelli che garantiscono un futuro migliore e una prospettiva di reale crescita e progresso.

Milo tutto Nato e poca Ur

Djukanovic dal canto suo punta sui risultati ottenuti dal Montenegro durante la sua lunga leadership, con l’adesione alla Nato (nel 2017) e con il negoziato che ha portato il Paese vicino all’adesione alla Ue. Un obiettivo quest’ultimo tuttavia che negli ultimi due-tre anni sembra essersi allontanato a causa della forte instabilità politica che ha investito il Paese dopo le ultime elezioni parlamentari dell’agosto 2020, grossi problemi di credibilità internazionale e corruzione diffusa. Con l’Unione Europea sempre più miraggio.

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