Ue divisa sui temi chiave di Gaza e coloni vota solo la missione anti Houthi

Consiglio degli affari esteri a vuoto, manca l’unanimità sul dramma in corso nella Striscia di Gaza e insediamenti ebraici minacciosi. Budapest contraria alle sanzioni, Spagna e Irlanda premono per iniziative più forti verso Israele, contro le opinioni personali della presidente della commissione, che non parla ma certo non sta ferma. E alla fine, dopo l’esaltazione tutta politica del povero Navalny martire, le uniche decisioni riguardano il Mar Rosso e i colpi dallo Yemen Houthi sui navigli israeliani e alleati. Che continuano.

Vertice flop di una Unione a pezzi

Le variegate posizioni europee si esaltano nella tragedia di Gaza e sulla questione palestinese divenuta beffa al mondo. Ancora una volta è mancato il consenso sulla possibilità di sanzioni per i coloni israeliani in Cisgiordania, sottolinea Andrea Valdambrini da Buxelles, ma l’averlo anche sperato era pura ingenuità, il sottinteso del Manifesto. Il vincolo della unanimità che paralizza tutto, con una precisa scelta di una parte dei 27 che quel ‘non dire’ volevano in conto terzi. Ed ecco il ‘contentino’ della missione navale di contrasto agli attacchi Houthi contro le navi mercantili nel Mar Rosso, Italia col comando operativo, già decisa nei giorni scorsi, a cercare di salvare la faccia al Consiglio affari esteri di ieri a Bruxelles.

Belgio sul fronte mediorientale

Sono stati i governi del Belgio, che in questo semestre ha la presidenza di turno del Consiglio Ue, Spagna e Irlanda a fare da traino alla richiesta di azione comune per fermare le violenze nella Striscia come in Cisgiordania. Ma hanno prevalso le ‘direttive atlantiche’ filo israeliane. Madrid, con Dublino non hanno escluso un’iniziativa autonoma, già messa in campo in forme diverse sia da paesi europei in modo unilaterale (come la Francia) ma non Ue, come Regno unito, Stati uniti e Canada.

L’Onu inascoltata avverte

La coordinatrice per le operazioni umanitarie dell’Onu a Gaza, Sigrid Kaag, che ha partecipato al vertice nella capitale europea, ha lanciato un monito contro le possibili conseguenze disastrose per la popolazione civile di un’operazione militare a Rafah annunciata dal premier israeliano Netanyahu.

La destra teocratica attraverso i coloni

Le cose che contano e che dividono. È sulla dichiarazione dei governi Ue sull’attacco a Rafah e sulle sperate sanzioni ai coloni in Cisgiordania, di cui l’Ue discute dallo scorso novembre, che è mancata l’unità sulla dichiarazione finale del Consiglio. Pessima figura per tutti, evidenziata dalle omissioni stampa. Nella conferenza stampa conclusiva, il rappresentante per la politica estera Josep Borrell ha potuto solo fare riferimento al documento che chiede «una pausa umanitaria immediata per un cessate il fuoco sostenibile» sottoscritto da 26 paesi su 27. Il voto anche in questo caso mancante sarebbe quello di Budapest in conto Orban.

La sfida sul fronte Israele-Usa

La possibilità di frattura con uno o più paesi apertamente schierati a sostegno di Tel Aviv era stata anticipata dal ministro degli esteri irlandese Micheál Martin, che al suo arrivo al summit aveva dichiarato: «A causa di uno o due paesi che ancora ci impediscono di arrivare all’unanimità sulle sanzioni ai coloni violenti, oggi non avremo una decisione in Consiglio».

L’Europa che si indigna

Solo pochi giorni fa, sempre Dublino e Madrid, avevano lanciato un’altra iniziativa per provare a scuotere l’impasse decisionale di Bruxelles, chiedendo una ‘verifica’ dell’accordo commerciale tra Unione e Israele «alla luce del mancato rispetto dei diritti umani, profondamente preoccupati per il deterioramento della situazione». Se non decide la politica, molto possono i soldi. La richiesta alla presidente della Commissione e allo stesso Borrell, che ieri ne ha annunciato l’esame a partire dal prossimo Consiglio esteri. Con probabile ulteriore buco nell’acqua.

Yemen e Houthi nemico facile su cui salvare la faccia

Il vertice europeo di ieri si è salvato sul secondo tema all’ordine del giorno con la missione navale Aspides, di scorta ai mercantili in transito sul Mar Rosso minacciati dagli attacchi dello Yemen Houthi, che vanno avanti ormai da tre mesi, col traffici internazionale semi paralizzato lungo la rotta verso Suez e costretti a circumnavigare l’Africa.

Nelle ultime ventiquattr’ore, dallo Yemen hanno colpito e affondato la nave cargo britannica Rubymar nel Golfo di Aden (foto interna) e abbattuto un sofisticatissimo drone americano hunter-killer Mq-9 Reaper operante nell’area. La deterrenza americana nella regione pare assai sciupata, rileva Limes.

 

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