
Scholz in gara con Biden per i sondaggi più devastanti. «Tre quarti della Germania è insoddisfatta dell’operato del cancelliere», scrive Tonia Mastrobuoni da Berlino. Ed è il peggior risultato di sempre, annota di sa. Numeri che rendono tesissimi i rapporti tra i partner di governo e l’opposizione. Semaforo giallo dei liberali della Fdp, che oscillano intorno alla soglia di sbarramento del 5% e rischiano di finire fuori dal Parlamento. Giallo pulsante di allarme, con raccolte di firme per farla finita con la scomoda coabitazione con verdi e socialdemocratici.
«E il regalo di Natale della Cdu/Csu – l’opposizione del centrodestra popolare – è stata l’ennesima richiesta di un voto anticipato», è il commento di Repubblica.
Ma le regole costituzionali tedesche fremano forzature e colpi di mano. «Difficile che questa perenne emergenza politica nel ‘governo semaforo’ che ha contribuito a far crescere esponenzialmente l’ultradestra di Afd sfoci in una classica crisi di governo». La regola della sfiducia costruttiva impone che si abbia una maggioranza alternativa pronta per cambiare un governo in corsa. E il più grande partito d’opposizione, la Cdu, non ha alcun interesse a prestarsi a un’operazione del genere. Alleandosi con chi?
Altro discorso, però, riguarda la carica di Cancelliere. Olaf Scholz gode ancora del sostegno almeno formale del suo partito (Sdp), ma i disagi interni crescono. E qualcuno comincia a temere – o ad augurarsi, l’ipotesi maliziosa-, «che un’altra tegola possa travolgere l’attuale esecutivo, costringendo l’impopolarissimo cancelliere al passo indietro». Tegola quale? Le oscillazioni armiere con l’Ucraina prima, e il sostegno incerto alle attuali preghiere di Zelensky oggi, ad esempio. Con una opzione di ‘americana’ e Nato.
E in una componente dei socialdemocratici si mormora già il nome di chi potrebbe sostituirlo senza troppi terremoti nell’esecutivo e alla Spd. «A porte chiuse sta circolando un nome che potrebbe sostituirlo, nel caso che uno scandalo butti giù il cancelliere: è quello del ministro della Difesa, Boris Pistorius. In tutti i sondaggi, è il politico più popolare in Germania dopo il presidente della Repubblica Steinmeier». Ma esiste qualche ragione concreta e non di sondaggi elettorali per le eventuali dimissioni del premier?
Al Bundestag cominciano a girare brutte voci. Per Scholz, il pericolo non viene dalla crisi perenne della sua maggioranza o dall’opposizione o dall’estrema destra in crescita. «Non viene da Berlino. Viene da Mosca, da una ‘spia che venne dal freddo’ e che al freddo è tornata», sempre Mastrabuoni. Jan Masalek, l’ex enfant prodige della finanza tedesca tramutatosi improvvisamente nel corresponsabile del più grave scandalo finanziario della storia recente tedesca: Wirecard. Più truffa che trama, ma con troppo complici al alto livello politico fortemente sospettabili.
In sintesi estrema. Il bubbone scoppia nel 2020, quando emerge che Wirecard, la ‘paypal tedesca’, diventata in dieci anni da oscuro metodo di pagamento per siti porno a fintech, la ‘tecnofinanza’ a più coccolata dalla Germania – finisce per valere in Borsa più dei colossi del credito tedesco – ha fatto sparire due miliardi di euro in Asia. Il responsabile degli affari di Wirecard in quella parte di mondo è proprio Jan Marsalek. Che nei giorni del crac sparisce nel nulla. In quelle ore, l’ennesimo bubbone che scoppia nel mondo della finanza tedesca imbarazza molto il governo Merkel.
Quando il Financial Times comincia a fare i primi scoop sui fondi spariti in Asia, l’autorità per le banche (di cui è responsabile il ministero delle Finanze retto da Scholz, governo di coalizione con la Cdu), il governo Merkel e parecchi giornalisti finanziari tedeschi si sono schierati a difesa dell’azienda di Masalek. E negli ‘anni d’oro’ di Wirecard, la cancelliera aveva fatto lobbying per Wirecard persino con i cinesi, chiedendo a Pechino di aprire il mercato alla ‘fintech’ made in Germany.
Dalla truffa allo spionaggio. Nel 2020 Masalek, qualche settimana dopo la misteriosa sparizione dalla Germania, riemerge a Mosca, secondo alcune indiscrezioni giornalistiche, ma senza improbabili conferme ufficiali. Nel frattempo è ricercato dall’Interpol, ma secondo varie inchieste sarebbe sotto l’ala protettiva dei servizi segreti Fsb. Un tribunale di Londra che indaga su cinque spie bulgare al soldo del Cremlino gli assegna nei mesi successivi persino un ruolo importante, nell’intelligence russa.
Masalek super spia
E il Wall Street Journal scrive poco prima di Natale che Masalek è stato una spia russa per addirittura dieci anni, quelli in cui era top manager di Wirecard, impiegati per riciclare denaro di Mosca. In realtà, già nel 2020 si racconta di come Masalek vantasse i suoi rapporti con i servizi segreti russi sino a potersi procurare il Novichok, il potente veleno usato contro Aleksej Navalny. Adesso Marsalek, giornali americani, dopo la morte di Prigozhin, starebbe riorganizzando i miliziani di Wagner da Dubai.
Ll fatto che l’ex top manager di Wirecard sia sospettato di essere una spia del Fsb è una spada di Damocle sulla testa del cancelliere, se qualche fatto o testimonianza al processo lo associasse a un uomo che potrebbe essersi macchiato di alto tradimento. Lo spiega bene l’ex deputato della Linke, la sinistra, Fabio de Masi
«Con le cose che sa Marsalek è un fattore di rischio per la Germania». E soprattutto per Scholz. Mentre è una risorsa inestimabile per Putin. De Masi è addirittura convinto che «grazie a Wirecard, Putin ha in mano il governo tedesco».