
Il racconto degli inviati presenti, i pochi italiani presenti, tutti sotto shock. Prima il rumore di catene che si trascinano per terra. Poi, a seguire gli agenti dei reparti operativi della polizia ungherese in tenuta da prima linea, gli imputati. «Manette ai polsi legate alla cintura reggi guinzaglio, ‘schiavettoni’ e ceppi alle caviglie». Modello Quantanamo, come da titolo.
Ilaria Salis, 39 anni, di professione insegnante, è accusata di aver preso parte all’aggressione di tre neonazisti lo scorso febbraio, nel periodo del ‘Giorno dell’onore, l’appuntamento che, dalla metà degli anni ’90 in poi, richiama nostalgici da tutto il continente per commemorare le gesta delle SS che combattevano contro l’Armata Rossa.
Non solo, per gli investigatori ungheresi impegnati a difendere il giovani neonazisti aggrediti, Salis farebbe parte di un’organizzazione di Lipsia chiamata Hammerbande, già al centro di svariate indagini in Germania e bollata come estremista. Pericolosamente di sinistra. Forse per questo che il patteggiamento che l’Ungheria la ha proposto, per chiedere il processo, è stato di 11 anni di prigione.
Le terrificanti condizioni a cui è sottoposta in carcere, emerse dalle due sole visite in un anno concesse ai suoi genitori. Spazi angusti, topi, scarafaggi, cimici, cibo di infima qualità, costrizioni e restrizioni che fanno inorridire mezza Europa ma non abbastanza il governo italiano. Almeno finora.
Partita elettorale per le europee aperta anche nel governo, e il ministro Tajani, grazie al clamore di quelle immagini, scopre la vicenda e senza forzare i toni, «Chiediamo al governo ungherese di vigilare e di intervenire affinché vengano rispettati i diritti, previsti dalle normative comunitarie». Poi, per rimediare al troppo morbido, la convocazione dell’ambasciatore di Ungheria a Roma.
Ilaria Salis ha contestato l’impossibilità di visionare le immagini delle telecamere di sorveglianza, su cui si basano le accuse, e la mancata traduzione degli atti, in inglese e in italiano, che le hanno impedito di conoscere appieno i reati di cui è chiamata a rispondere. Lesioni con una prognosi di 5 e 8 giorni per le vittime. Senza neppure la possibilità di un giorno di carcere: in Italia e in Europa.