Fallito «golpe giudiziario» in Guatemala. America Latina e Franco Catucci

Sul Guatemala, parte non molto nota della tormentata America Latina, «Sconfitta la tattica golpista, Arévalo presidente si prepara a combattere la corruzione», tra i titoli che meglio spiegano una intricata vicenda. Mentre noi, trascinati in America Latina dalle notizie, vi parleremo anche di un bravissimo collega che di quelle terre sapeva tutto, Franco Catucci, e che purtroppo ha ‘abbandonato il campo’.

Bernardo Arevalo, presidente eletto del Guatemala

Alla fine ha giurato. «Bernardo Arévalo, presidente eletto del Guatemala, evita, per il momento, il prolungato tentativo di golpe architettato contro di lui e contro la democrazia guatemalteca». La cronaca di Pagine Esteri, e la prudenza di Tiziano Ferri con quel ‘evita per il momento’. Nel paese si sta consumando, come negli ultimi anni in altri stati latinoamericani, un episodio di ‘lawfare’, cioè l’utilizzo del potere giudiziario per sovvertire il risultato del voto. A volte succede quando il governo è in carica, come in Brasile con Dilma Rousseff, altre volte a ridosso del giuramento presidenziale, come capitato in Honduras con Xiomara Castro.

‘Lawfare’, la legge manipolata a uso golpista

Nel caso di Arévalo, i problemi iniziano da prima della sua elezione, quando il suo movimento ‘Semilla’ (sinistra) è privato della personalità giuridica con l’accusa non provata di firme false per la propria registrazione. E ‘guarda caso’, l’accusa della procura arriva all’indomani del primo turno delle presidenziali, il 25 giugno 2023, quando il candidato anti-corruzione della sinistra, dato dai sondaggi all’ottavo posto, arriva inaspettatamente secondo. Seguono denunce, riconteggio dei voti, occupazione di uffici elettorali da parte della polizia, un processo che alla fine conferma il risultato del primo turno, e quindi il ballottaggio del 20 agosto per Arévalo.

Arevalo vince ma l’attacco per mano giudiziaria continua

Al secondo turno il candidato del movimento Semilla vince con il 61%, con la sconfitta Sandra Torres (già primera dama dal 2008 al 2011) che non riconosce il risultato. E subito, conflitto tra procura, tribunale supremo elettorale e corte costituzionale, per non riconoscere la legittimità del presidente e del suo partito, continua per tutti i mesi che separano l’elezione di Arévalo dal giorno del giuramento, fissato per il 14 gennaio, domenica scorsa. Da un lato, dei parlamentari corrotti contrari a lasciare il potere, sostenuti da parte della magistratura, dall’altro gli organi di controllo elettorale, la pressione internazionale e le manifestazioni di piazza animate dai popoli nativi per il rispetto della volontà popolare.

Terzo round di toghe e disonore

La tattica golpista, una volta riconosciuta dal tribunale supremo l’elezione di Arévalo, punta a far decadere i congressisti eletti nel movimento Semilla, per rendere impossibile ricevere il giuramento del nuovo presidente. «La convulsa domenica 14 parte da qui», ed è quasi cronaca di guerra quella di Tiziano Ferri, certamente di scontro, al limite del golpismo più feroce. Il presidente eletto ha già denunciato il tentativo di golpe dal settembre scorso, perciò sa che il giorno dell’insediamento non scorrerà via liscio. La cerimonia è prevista per il mattino, con presidenti di altri paesi latinoamericani invitati, consapevoli di ciò che sta succedendo.

Mentre la piazza dinanzi al congresso si riempie di manifestanti accorsi per festeggiare, gli oppositori all’interno mettono le catene alle porte per sequestrare gli eletti del movimento Semilla.

Banditismo e arroganza degli impuniti

Arévalo fa sapere che il giuramento è rimandato alle 16, e chiede ai cittadini di mantenere la calma, cosciente che eventuali disordini di piazza possono favorire chi lavora per il caos istituzionale. Il tempo passa, la situazione non si sblocca, e la protesta cresce, davanti alla polizia in assetto antisommossa. Gli esponenti esteri invitati alla cerimonia chiedono che la democrazia e la volontà popolare espressa col voto siano rispettate, emettendo un comunicato firmato anche dal segretario dell’Organizzazione degli stati americani (Oea) e dall’alto rappresentante dell’Unione europea, Josep Borrell.

La resa golpista dopo il tramonto

Col sole già tramontato da ore, in diretta dal teatro del centro culturale Miguel Ángel Asturias, appare sui maxischermi il giuramento di Bernardo Arévalo e della vicepresidente Karin Herrera nelle mani del nuovo presidente del congresso, l’esponente di Semilla Samuel Pérez. Migliaia di persone, in piazza a Città del Guatemala, possono festeggiare con balli e fuochi d’artificio, al termine di una giornata impegnativa.

Solo alle 5 del mattino, Arévalo è riuscito ad andare in piazza per ringraziare i capi ancestrali, protagonisti di una resistenza di 106 giorni in difesa della democrazia. Dovrà ricambiare con una politica di vero cambiamento, se vuole mantenerne l’appoggio, e provare a portare a termine un mandato pieno di insidie, sottolinea Pagine Esteri.

Difficile maggioranza contro privilegi e corruzione

Il governo che Arévalo dovrà includere altre forze politiche, perché gli eletti di Semilla non hanno la maggioranza al congresso. Ma la compattezza della coalizione governativa è solo uno dei problemi del nuovo corso: funzionari, politici e magistrati ostili si batteranno per mantenere privilegi e corruzione, come si è visto negli ultimi mesi, come ci avrebbe raccontato, anni addietro anche Franco Catucci.

Un esempio di giornalismo

Franco Catucci, storico inviato Rai, ha raccontato per decenni eventi e protagonisti del XX secolo, con particolare attenzione al mondo sudamericano, dal golpe in Cile alla Cuba di Fidel Castro. Tra i primi ad arrivare a Santiago del Cile dopo il golpe dell’11 settembre 1973, Catucci ha continuato a raccontare l’America Latina. La Rai aveva ancora una sede nel continente, a Montevideo, e Catucci ha documentato oltre al golpe cileno, la ‘dirty’ war argentina, la guerra delle Falkland-Malvinas, la battaglia in Nicaragua tra i contras e i sandisti, la guerra in Salvador, il conflitto colombiano con le Farc e, naturalmente, l’evoluzione della rivoluzione Cubana. Lui e quell’altro matto con telecamera di Mauro Maurizi. Due pesanti assenze.

Altri tempi, altra storia, altro giornalismo, altra Rai. Ciao ragazzi (e.r).

 

Condividi:
Altri Articoli
Remocontro