
Le Nazioni unite provano a scuotere la comunità internazionale sull’Afghanistan. Nessun riconoscimento dell’Emirato, ma «non possiamo disimpegnarci» prova a convincere Antonio Guterres, a Doha, in Qatar, dove il segretario generale Onu s’è trovato a parlare di un Paese vittima di mezzo secolo di guerre coloniali di possesso strategico, per finire abbandonato nelle mani di un regime teocratico crudele e regressivo nel disinteresse di chi, a parti contrapposte, quel popolo e le sua contraddizioni armate, aveva sfruttato. Solo 20 Paesi interlocutori, a sancire la vergognosa disattenzione. «Nonostante le dichiarazioni sul ‘non dimenticheremo l’Afghanistan’, l’Italia non ha partecipato», segnala Giuliano Battiston.
L’Onu almeno prova ad affrontare il nodo: «Non abbandonare gli afghani a se stessi e nelle sole mani delle sole autorità di fatto, i Talebani», denuncia il Manifesto. Il regime teocratico più repressivo nei confronti delle donne esistente al mondo, mentre è in corso quella che Guterres ha definito «la più grave crisi umanitaria del mondo. Il 97% degli afghani vive in povertà. Due terzi della popolazione – 28 milioni – avranno bisogno di assistenza umanitaria quest’anno per sopravvivere. Sei milioni di bambini, donne e uomini afghani sono a un passo da condizioni di carestia».
La conferenza stampa di Guterres non era prevista. A metà aprile la vice-segretaria, Amina Mohammed, aveva accennato alla necessità di fare «piccoli passi» per un dialogo politico con i Talebani, scatenando un putiferio. Fuori dall’Afghanistan, tra le comunità della diaspora, e in parte all’interno del Paese, dove tre giorni fa gruppi di donne hanno manifestato contro l’Onu.
Così, a Doha Guterres ha dovuto scandire bene le parole: nessun riconoscimento, «non rimarremo mai in silenzio di fronte agli attacchi sistemici e senza precedenti ai diritti delle donne e delle ragazze».
Ma l’Onu continuerà a lavorare in Afghanistan. Ha ricordato poi la risoluzione 2681 del Consiglio di sicurezza del 27 aprile, «che chiede la piena, equa, significativa e sicura partecipazione di donne e ragazze in Afghanistan». Ma il Consiglio di sicurezza è spaccato sullo stesso mandato della missione Onu a Kabul, e su come sono divise tra loro le diverse agenzie delle Nazioni unite dopo che i Talebani, ad aprile, hanno vietato alle donne afghane di lavorare per loro.
Mentre in Afghanistan si sospetta che, ancora una volta, le vere preoccupazioni degli stranieri siano droga e antiterrorismo, solo a parole i diritti delle donne.
Pur trattandosi della più grave crisi umanitaria nel mondo, gli aiuti scarseggiano: nell’ultimo Piano di risposta umanitaria, l’Onu ha chiesto 4,6 miliardi di dollari. Maha ricevuto appena 294 milioni di dollari, «il 6,4% del finanziamento totale richiesto», ha notato Guterres. E anche se arrivassero tutti, sarebbero una misura-tampone, emergenziale.
I governi hanno tirato i remi in barca. A causa delle politiche discriminatorie dei Talebani, si giustificano. Ma il disimpegno non è la soluzione, insiste Guterres. Serve più politica, non meno politica, per risolvere il «dilemma afghano». La politica del governo italiano sull’Afghanistan, chi l’ha vista?