L’America stanca della guerra in Ucraina. Segnali dalla Casa Bianca, dubbi e critiche dal Congresso

Negli Stati Uniti, sulla guerra in Ucraina emergono sempre più numerosi punti di vista diversi al Congresso e alla stessa Casa Bianca, oltre a quelli già noti del Pentagono. ‘Politica vaga, leadership incerta’ l’accusa nei confronti di Biden e della sua amministrazione. ‘Tattica del giorno per giorno’. Per i sostenitori della guerra contro la Russia, l’accusa di non avere piani ma spendere una montagna di soldi. Marasma politico ideologico, con Sanders per la guerra e Trump pacifista.

Ma è sempre ‘America First’ anche per Kiev: le presidenziali Usa sulla guerra in Ucraina

Politica vaga, leadership incerta

«Una politica di guerra vaga e aperta, senza una buona leadership forte, quando sembra esserci disaccordo tra i luogotenenti principali peggiora la situazione». La prestigiosa rivista on-line ‘TippInsight’ fotografa, in due parole, un’impressione largamente condivisa sulla strategia americana della guerra in Ucraina. Una grande democrazia vive di intenso dibattito, di produttiva dialettica, ma quando si rompono gli argini, allora ogni cosa diventa strumento di profonda divisione. Un processo di frazionamento che colpisce i blocchi politici anche al loro interno. L’America di questi tempi, a proposito della guerra in Ucraina, è metafora di tutto questo.

Tattica ‘del giorno per giorno’

L’Amministrazione Biden si è imbarcata in una tattica del giorno per giorno, «per prova ed errori», senza una strategia convincente di lungo periodo. «I resoconti della stampa – scrive TippInsight – affermano che il Segretario di Stato Blinken e il capo del Pentagono, Lloyd Austin, sono i campioni di una guerra basata sull’ideologia, ma Jake Sullivan, il Consigliere per la Sicurezza nazionale, è sempre più propenso alla pace». Una differenza di posizioni che, forse, è anche alle origini delle dimissioni del capo del personale della Casa Bianca, Ron Klain. In sostanza, dopo una prima fase di sostegno totalmente bipartisan alla politica di Biden, si è assistito a un lento, ma progressivo cambiamento di rotta. E ora si cominciano a vedere delle crepe, in quella che, prima, poteva essere definita come la scelta di fornire aiuti e assistenza, senza condizioni, all’Ucraina invasa.

Contro la Russia il piano di non avere piani

Indubbiamente, la Casa Bianca ha parlato troppo e ha alimentato speranze che, poi, non sono state confortate dai fatti. Così, la crisi con la Russia è diventato uno dei temi della battaglia politico-elettorale americana, mano a mano che saliva la temperatura del confronto tra Democratici e Repubblicani. La congiuntura economica ha fatto il resto, con l’inflazione alle stelle e i mutui sempre più cari, per la stretta monetaria della Fed. Se si considera che, nel solo 2022, gli Stati Uniti hanno “girato” al governo di Kiev qualcosa come 50 miliardi di dollari, si capisce perché molti elettori abbiano cominciato a chiedersi fino a quando pagare. E se la risposta di Biden è stata ‘fino a quando è necessario’, allora gran parte degli americani ha intuito che l’unico piano realistico esistente era proprio quello… di non avere piani.

Dubbi bipartisan

Così, i primi a sganciarsi sono stati i Repubblicani, che hanno cavalcato la tigre della crisi di bilancio. Un’azione fatta salvando la faccia, continuando a professare solidarietà nei confronti di Kiev, ma chiedendo conto e ragione dei dollari spesi, a un Presidente sempre più in difficoltà. Anche Biden ha avuto grossi problemi a tenere unito il suo partito sul tema della guerra. La fronda è venuta clamorosamente a galla in autunno, con una lettera di 30 congressisti del Partito Democratico, che gli hanno chiesto di creare le condizioni per chiudere il conflitto e iniziare dei seri negoziati di pace. La presa di posizione ha scatenato un putiferio, fino a ‘convincere’ i firmatari a ritirare la richiesta.

Marasma politico ideologico, Sanders e Trump

La frattura in campo democratico si poi è allargata, quando Bernie Sanders, leader riconosciuto della sinistra liberal e notoriamente pacifista, è invece sceso in campo per sostenere la strategia bellica di Biden. Situazione che si è fatta ancora più confusa, tanto per chiarire il marasma politico-ideologico, quando è entrato in scena anche Donald Trump, per criticare pesantemente la ‘strategia guerrafondaia’ della Casa Bianca, che stava creando le condizioni «per lo scoppio della Terza guerra mondiale». Il rissoso ex Presidente, dal canto suo, è stato prontamente smentito da un’altra autorevole voce repubblicana: quella di Nikki Haley. La quale, anzi, ha detto che Biden era stato fin troppo morbido con Putin e che sarebbe stato necessario ‘vincere la guerra’.

Le presidenziali Usa sulla guerra in Ucraina

Certo, nel grande acquitrino repubblicano, prevale chi riesce a tenere la testa fuori dall’acqua, come Kevin McCarthy, il nuovo speaker della Camera. Un colpo al cerchio e uno alla botte, l’importante esponente del GOP, pur senza fare minacce politiche circostanziate, ha dichiarato che bisognerà rivedere la politica di sostegno all’Ucraina. Una posizione molto più oltranzista, rispetto a quella assunta dal leader della minoranza al Senato, Mitch McConnell, che ha sempre approvato gli aiuti indirizzati a Zelensky.

Ma la riflessione che va fatta, a partire da questo momento, è che la lunghissima campagna elettorale per le Presidenziali Usa, influenzerà senz’altro la politica dell’Amministrazione Biden verso l’Ucraina (e ovviamente anche verso la Russia) per i prossimi due anni.

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