
Il presidente turco, leader dalle molte vite sul Bosforo dove è passato da ospite delle patrie galere, quando minacciava la laicità dello Stato ai tempi dei militari, a premier e poi presidente di quello stesso Stato, sta giocando tutte le sue carte per vincere ancora una volta a giugno le prossime presidenziali. Contando molto sull’aiuto di Vladimir Putin, antica amicizia, con cui s’è visto solo due giorni fa al vertice dell’Organizzazione della Cooperazione di Shanghai, lo Sco, a Samarcanda.
Lo scambio tra i due è semplice: Ankara si pone come “ponte tra Est e Ovest”, un mediatore che non adotta le sanzioni occidentali contro la Russia e usa il sistema di pagamento internazionale russo Mir, riducendo gli effetti delle sanzioni stesse. Mosca, in cambio presta 8 miliardi di dollari alla Banca centrale e potrebbe fare uno sconto all’import di gas russo, che è il 40% del fabbisogno turco. Sconto essenziale per il ministero dell’Economia, deciso a sostenere gran parte delle spese e alleggerire così le bollette, una strategia che nel 2022 è costata 11 miliardi di dollari, una delle principali voci di spesa sul bilancio di Ankara. Insomma un aiuto, legale e alla luce del sole, alla campagna elettorale dell’Akp, il partito di governo di Erdogan.
“Ci stiamo impegnando per mettere fine al conflitto in Ucraina attraverso i canali diplomatici il prima possibile”, ha dichiarato il presidente turco prima dell’incontro con Putin intervenendo per la prima volta a un vertice della Sco dove, come “special guest” ha avuto un ruolo di primo piano nella cena finale dove mancava polemicamente solo Xi Jinping per motivi ufficialmente anti-Covid.
Il presidente turco ha garantito ai 75 milioni di concittadini che ‘il Paese non avrà problemi quest’inverno’, contando sull’accordo con Putin per un sistema di pagamento in rubli, in cambio di trattamento di favore su prezzi e quantità di gas e petrolio lesinati o chiusi al resto dell’Europa. Sino a raddoppiare l’import di petrolio russo, passato dai 98 mila barili al giorno nel 2021 ai 200 mila di quest’anno. Insomma Ankara è sulle orme di Pechino e Nuova Delhi come nuovo cliente “premium” di Mosca.
Ankara al momento importa gas anche da Iran e Azerbaijan, e anche qui lo scambio non avviene a caso. Ankara appoggia militarmente con la fornitura di droni l’Azerbaigian nella rinnovata disputa sul terreno con l’Armenia, la cui tregua dovrebbe essere garantita proprio dai russi che però oggi sono indeboliti dai rovesci subìti in Ucraina. Inoltre la recente normalizzazione con Israele garantirà in futuro gas dei ricchi giacimenti dello stato ebraico, mentre per le riserve turche, scoperte nel Mar Nero, lo sfruttamento è pronto a partire dai primi mesi del 2023. In tempo per il voto.
L’inflazione nel paese sul Bosforo ad agosto ha toccato l’80% e la lira turca ha solo rallentato la svalutazione rispetto al dollaro (-27% nel 2022), stabilizzandosi durante l’estate, come è consuetudine, grazie agli introiti del turismo. Nonostante i sondaggi che fino a poco tempo fa lo davano in svantaggio contro candidati ancora da definire, Erdogan non molla.
Il suo partito, Akp, è in netta ripresa, anche a causa delle divisioni dell’opposizione. Voci informali parlano di un ennesimo cambio al ministero delle Finanze con l’arrivo di Mehmet Şimşek, molto apprezzato dai mercati, ex banchiere alla UBS a Wall Street e Merrill Lynch a Londra. L’economia turca è cresciuta del 7,6% nella seconda metà dell’anno. Se continua così Erdogan sarà rieletto.
Il governo del presidente turco infatti continua a rivedere al rialzo il salario minimo e aumentare l’intervento statale per migliorare lo stato sociale scaricando i costi sull’erario. Non solo. Il governo ha azzerato gli interessi sui prestiti per gli studenti, stanziato incentivi per l’acquisto della prima casa, abbassato gli interessi sui crediti bancari per le piccole e medie imprese.