
Il South China Morning Post di Hong Kong rivela che «Pechino ha rilasciato nuove regole per il reclutamento di soldati in tempo di guerra, con i veterani elencati come priorità, in quello che un analista militare ha descritto come un miglioramento della prontezza al combattimento da parte dell’Esercito popolare di liberazione, in vista di una guerra per Taiwan». Il regolamento è stato reso pubblico mercoledì scorso e specifica che «il reclutamento dovrà concentrarsi sulla preparazione alla guerra, aumentando l’efficienza delle forze armate e richiamando reclute di alto livello». Il documento è stato approvato dal Consiglio di Stato e dalla Commissione militare centrale, diretta personalmente da Xi Jinping. A febbraio, il governo aveva, quasi silenziosamente, cambiato parti del codice di procedura penale «da applicare in tempo di guerra». Inoltre era stata approvata una nuova disciplina, per una mobilitazione-lampo delle forze di riserva.
Nel frattempo, la tensione nello Stretto di Taiwan è salita alle stelle. E mentre le navi di Pechino e i suoi aerei simulavano un assedio dell’isola, il leader Xi Jinping ha tenuto un discorso duro, provocatoriamente (e stranamente) bellicoso, per dire che la Marina militare cinese crescerà fino a essere imbattibile. Probabilmente, già conosceva la prima ‘controprovocazione’ di Biden: la nutrita delegazione di produttori di armi a Taiwan, per firmare contratti miliardari. Ma questo non basta. A dimostrazione che ormai Biden ha scelto la politica del muro contro muro, va anche detto che le basi militari americane, nelle Filippine sono quasi raddoppiate. Il Presidente, Ferdinando Marcos Jr. ha però voluto chiarire, per indorare la pillola, che si tratta di installazioni «a scopo difensivo». Per chi ci crede.
Ma, parere militare base, l’ubicazione delle basi è stata programmata in funzione squisitamente anti-cinese. Uno scalo navale e un aeroporto nella provincia di Cagayan, e di un campo militare nell’area di Isabela. Tutte zone nel raggio di Taiwan. Una guarnigione dell’US Army verrà stanziata anche a Balabar, nella provincia di Palawan, nei pressi del Mar cinese meridionale. Queste quattro basi si aggiungono alle cinque già esistenti, che continuano a operare in base a un accordo firmato nel 2014. L’accordo consente agli Stati Uniti ampia libertà di manovra, nelle aree in concessione. In teoria (e naturalmente in modo segreto) potrebbero immagazzinare in quei siti anche armi nucleari tattiche.
Comunque sia e qualunque cosa sappiano i cinesi, la reazione di Pechino è stata furibonda. Xi Jinping vede le manovre militari congiunte Usa-Filippine, di questi giorni, come una sorta di prova generale «operativa dell’alleanza militare tra Washington e Manila». Martedì scorso, infatti, sono cominciate le più grandi esercitazioni di sempre, organizzata dai due Paesi, che dovrebbero durare fino al 28 aprile.
‘Balikatan’, esercitazioni ‘spalla a spalla’. Come ha annunciato il portavoce dello Stato maggiore di Manila, Medel Aguilar, alle manovre parteciperanno 12 mila soldati Usa, 5 mila filippini, un centinaio di specialisti delle forze aeree australiane e osservatori militari di una dozzina di nazioni.
Tuttavia, la mossa di stringere maggiori legami con Washington, in un momento di altissima tensione con Pechino, ha suscitato nel Parlamento filippino un vespaio di polemiche. L’opposizione attacca apertamente Marcos Jr., accusandolo di essere totalmente asservito ai voleri della Casa Bianca. Addirittura, la stessa sorella di Marcos, la senatrice Imee, ha attaccato il fratello, per avere firmato un accordo «che è stato concepito per difendere Taiwan e che, invece, non interessa per niente le Filippine».