La portaerei Us Ronald Reagan nelle acque a est della Corea del Sud, e la Corea del Nord non gradisce e denuncia la decisione statunitense come una “grave minaccia alla stabilità della regione”. Loi strano va e vieni della colossale potenza armata navigante. La portaerei a propulsione nucleare aveva lasciato la penisola coreana dopo aver completato le esercitazioni navali congiunte tra Usa e Corea del Sud che avevano coinvolto anche il Giappone. Ieri la Reagan ha invertito rotta ed è tornata nel Mar del Giappone in risposta al lancio da parte del Nord di un missile balistico a raggio intermedio che ha sorvolato l’arcipelago nipponico.
L’ambasciatrice Usa all’Onu. «Il nostro messaggio alla Corea del Nord: basta con l’atteggiamento sconsiderato, provocatorio e che porta all’esclation», twitta Linda Thomas-Greenfield.
«I recenti test missilistici effettuati dalla Corea del Nord sono misure di ritorsione contro le esercitazioni militari congiunte di Stati Uniti e Corea del Sud», replica il ministero degli Esteri di Pyongyang. I lanci, ha spiegato il ministero, rappresentano «le giuste misure di ritorsione dell’Esercito Popolare Coreano contro le esercitazioni congiunte tra Corea del Sud e Stati Uniti che stanno aumentando le tensioni militari nella penisola coreana».
Lo Stato maggiore della Corea del Sud ha reso noto che oggi Pyongyang ha lanciato due nuovi missili balistici a corto raggio, e nel tardo pomeriggio 12 jet nordcoreani hanno volato in formazione a ridosso della frontiera, violando la cosiddetta «linea speciale di sorveglianza» e hanno compiuto un’esercitazione a fuoco verso terra, ha annunciato il comando militare di Seul. La difesa sudcoreana ha identificato otto aerei da caccia e quattro bombardieri avversari e ha fatto alzare in volo una trentina di suoi apparecchi per sorvegliare la zona.
In queste condizioni, definite inusuali dagli analisti militari, tra le due Coree e le forze americane schierate a Sud del 38° Parallelo, si è improvvisamente elevato il rischio di un errore di interpretazione delle intenzioni e di uno scontro a fuoco.
Kim Jong-un ha fatto pubblicizzare i suoi cambi di strategia politico-militare: le unità di prima linea, lungo il 38° Parallelo devono prepararsi all’uso di proiettili nucleari tattici, vale a dire quelli a potenza «ridotta» da usare sul campo di battaglia o nelle retrovie nemiche; e poi, il Maresciallo si è attribuito il diritto del «first strike» nucleare se il suo regime o la sua persona dovessero trovarsi in pericolo. Mossa preventiva gen erica e risposta a qualche segnale vero o presunto? Certo, la sequenza record di lanci missilistici di questi mesi ha ottenuto di richiamare l’attenzione politica di Washington troppo ‘distratta’ sul fronte Russia-Ucraina e Cina.
Dopo aver ignorato per mesi l’attività nordcoreana, le forze americane schierate a Sud del 38° parallelo mercoledì hanno sparato missili tattici contro obiettivi che simulavano basi nordiste, e uno ‘Hyunmoo-2C’ sudcoreano difettoso è ripiombato a terra esplodendo e spaventando la gente di una cittadina di provincia che credeva di essere sotto attacco. La Casa Bianca ha fatto ricorso al Consiglio di Sicurezza dell’Onu, dove però si è trovata di fronte Cina e Russia che hanno rifiutato di condannare Kim e preparare nuove sanzioni. Alle nazioni Unite, male parole anche di sponda: si parla di Kim e si pensa a Kiev.
A Seul e Washington gli analisti sono convinti che Kim stia preparando anche un test nucleare, il primo dal 2017. Tutto sembra pronto, nei tunnel del poligono nordista di Punggye-ri, manca solo l’ordine di far detonare la mina sotterranea. Data possibile tra la fine del Congresso comunista a Pechino, intorno al 25 ottobre, e le elezioni dell’8 novembre negli Stati Uniti. Ad avvertire amici e nemici.