Polonia, Lettonia, Lituania ed Estonia esigono dall’Alleanza Atlantica lo schieramento di mezzi pesanti e migliaia di militare per rallentare un’eventuale e sempre più improbabile invasione russa impantanata in Ucraina. Il risultato dello spostamento del baricentro strategico della Nato verso est e della Russia verso ovest è quello poco rassicurante di formidabili mezzi militari in un cerchio di 400 chilometri scarsi con perno facente su Riga, Lettonia, dove si svolgono le maggiori esercitazioni militari atlantiche dal crollo dell’Urss, con decine di migliaia di soldati.
Il ritmo dei tamburi di guerra – temuta o simulata dalla politica e sostenuta dai media – rende il ricorso alle armi la prima paura per il 68% dei lituani, per il 62% dei lettoni e per il 45% degli estoni. Mentre l’entrante Svezia-Nato a governo sovranista, spinge Stoccolma a rispolverare la leva, i piani di difesa totale e l’invio per la prima volta dal 1961 a casa degli svedesi (allora la minaccia sovietica) di istruzioni per prepararsi a un conflitto. E tutto aiuta a dimostrare l’aggressività contrapposta dell’una o dell’altra parte. «Come fa ad esempio la Nato quando snocciola le intercettazioni di aerei russi nei cieli baltici: 140 nel 2014, 160 nel 2015, 110 nel 2016, 130 nel 2017… e via crescendo.
«L’esiguo Mediterraneo nordico è area di frizione fra Russia e Nato. Ma a Mosca non interessa riconquistare gli Stati baltici né per Washington quelle acque sono decisive. Pure, la guerra è possibile. Intrighi e doppi giochi», avvertiva già cinque anni fa Federico Petroni. Analisi attenta ma non allarmistica. «In geopolitica, il Baltico non è un mare. È semmai un gigantesco estuario, confluenza delle umidissime terre che vi si affacciano e dei flussi d’acqua, merci e persone che vi s’incanalano». E veniva citato il gasdotto Nord Stream fra Russia e Germania, allora in via di raddoppio e oggi fatto esplodere, a cui si affiancavano i tubi fra la svedese Malmö e la polacca S’winoujs´ce e fra Estonia e Finlandia, tutti a diminuire la dipendenza energetica da Mosca.
Nemmeno per la Russia questo mare ha un valore decisivo. Nel 2016, attraverso il Baltico è transitato il 53% delle merci scambiate via mare con il resto del mondo, e da allora a scendere, mentre altre vie marittime sono ‘esplose’. Ma allora, ‘perché tanto Baltico’? «Qui si materializza o crolla manu militari l’intesa fra la Russia e l’elemento germanico di cui patiscono le conseguenze i popoli nel mezzo», segnala Petroni. «Da un secolo abbondante a questa parte – ieri la Gran Bretagna, oggi gli Stati Uniti – intervengono per impedire l’avvicinamento tra Russia e Germania, ad evitare un formidabile avversario alla propria egemonia sul pianeta».
Un rapporto top secret del 1950 del capo degli Stati maggiori riuniti, generale Omar N. Bradley, si afferma che pure nel caso in cui l’Urss avesse dichiarato il Baltico un «mare chiuso», le rappresaglie si sarebbero dovute limitare alla guerra economica e a negare i porti ai sovietici e ai loro satelliti, in particolare attorno a Suez e ai Dardanelli. Senza il ricorso alla forza bruta. «Ma dal 2016 il bilancio per la ‘European Deterrence Initiative’ è quasi decuplicato da 789 milioni a una richiesta di 6,5 miliardi».
Dopo Vinius Biden ha autorizzato il Pentagono a inviare fino a 3mila riservisti in Europa. Mentre sono 100 mila quelli già in servizio: numero molto lontano dal picco raggiunto nel 1957, in piena Guerra fredda, quando i soldati Usa nel Vecchio Continente erano ben 450mila. Il numero più basso nel 2018, quando i soldati americani in Europa erano appena 65mila.
10.500 dei soldati statunitensi schierati in Europa si trova in Polonia, 38.500 in Germania e 11.500 in Italia. gli Stati Uniti hanno loro truppe in Europa anche in Paesi non appartenenti all’Alleanza Atlantica come Kosovo, Cipro, oltre a Svezia (futuro membro Nato dopo l’ok della Turchia) e Finlandia (recentemente entrato nell’alleanza militare dopo l’invasione in Ucraina).