Grandezza dell’albero in ascolto

La pietra racconta la sua pioggia. A occhi chiusi, picchietta, scivola, prende spazio con le sue geometrie di rigagnoli. Un incanto di armonie.

E anche il suo vento, la pietra racconta. 

Panni stesi tracciano un orizzonte di colori tenui sulle colline che guardano all’Amiata come la più sacra delle montagne, si agitano come bandiere che sventolano alla vita. Una camicia rossa, un paio di jeans, una magliettina dal colore indeciso, stracci da cucina, un paio di calzettoni azzurri. Forse sono solo ricordi di nonni alla finestra, un bucato sui campi di fiori e salvia. Una nenia di voce antica, sussurrata per far prendere sonno al bimbo.

Poi c’è il sole. E per guardare il tramonto occorre strizzare gli occhi e vedere oltre. Oltre le querce, oltre la strada di ghiaia e le campagne stese oziose a disegnare poesia. A tracciare i solchi dell’aratro, della fatica e del dolore. La fatica della terra, maestosa struggente; il dolore del lavoro, della povertà, della paura.

Questa non è una cartolina, è la forma della vita.

Oltre quello che siamo, quello che siamo stati e saremo c’è la memoria, lo spirito del luogo, la furia delle passioni che hanno reso inconfondibile ogni passo. Ricongiungendo lo sguardo alla bellezza, il passo alla lentezza, il sogno alla vita, la carezza del tempo a questo istante preciso in cui ogni elemento si compone come un’opera d’arte e ci dice qualcosa e ci tace tutto il resto. Ci dice di più di quello che siamo e di quello che vediamo. Ci traccia la strada e ce la nasconde. Ciò che tace risuona nel cuore come un cantare gentile; è un nuovo inizio, cenno e mutamento.

La pietra racconta ancora: a guardare bene sono sette i panni stesi al vento, sette le bandiere che sventolano lente e gentili. Sono verticali, come liste. Si muovono oscillando nella totalità dei colori con i quali il sole dipinge il suo arco, mentre la luna lo abbraccia. 

Cantare in verità è un altro respiro. Un respiro a nulla. Un soffiare nel Dio. Un vento. 

(Per lasciar scorrere nei solchi della vita i versi di Rilke nella traduzione sublime di Mario Ajazzi Mancini).

Acquarello diffuso da Claudia Caputo

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