
La rivendicazione, fatta con un video scioccante, dall’agenzia di stampa Amaq, mostra i terroristi all’assalto che si filmano mentre uccidono. L’unica incertezza, riguarda il livello di coinvolgimento operativo degli esecutori. Erano stati addestrati o si tratta di ‘lupi solitari’, sui quali, ad attacco effettuato con successo, la ‘casa madre’ poi mette il suo marchio? Secondo la Cloudburst, una società di consulenza di cyber-intelligence, ad agire sarebbe stato essenzialmente l’Isis-K (Khorasan) -l’Afghanistan e la regione attorno-, forse aiutato da elementi dell’Isis-C (Caucasia). Ma è chiaro che il primo è considerato il perno dell’operazione della Crocus City Hall, mentre il secondo può avere avuto un ruolo di fiancheggiatore. Si tratta, come appare subito chiaro, di formazioni fondamentaliste islamiche che hanno il loro centro di gravità lontano dal Medio Oriente.
L’Isis-K (l’Islamic State, o Daesh in arabo), ha le sue basi in Afghanistan e Pakistan e si serve di miliziani che arrivano da tutta l’Asia centrale. Molti affiliati, per esempio, vengono dal Tagikistan. Perché colpire la Russia? Senza troppe alchimie geopolitiche e scavalcando facili tentazioni complottistiche. La Russia, a volerci fermare solo a epoche più vicine, è stata sempre un nemico ‘privilegiato’ dell’Islam. Un sentimento che si è acuito dopo l’invasione dell’Afghanistan, voluta da Brezhnev e con la travagliata repressione in Cecenia. Ma è stato il Caucaso il fronte di guerra più acceso, tra Mosca e le piccole e grandi nazionalità musulmane.
Secondo Michael Kugelmann, del South Asia Institute del Wilson Centre di Washington, «L’Isis è uno dei gruppi terroristici globali in grado di portare a termine un attacco sofisticato come questo. E il gruppo ha avuto la Russia nel mirino da molto tempo. Oltre alla lunga campagna militare russa in Siria contro l’Isis, fatta utilizzando di tutto, dai missili da crociera alle truppe di terra, ci sono state anche recenti battaglie, tra mercenari russi del Gruppo Wagner e combattenti dell’Isis». Questi scontri hanno avuto luogo nella vasta regione del Sahel, un’area strategicamente importante, sia dal punto di vista politico che economico, che comprende numerosi Paesi, come Burkina Faso, Chad, Mali, Gambia, Guinea, Mauritania, Nigeria, Senegal e Camerun.
Stiamo parlando di una regione che, per certi versi, vive una sorta di colonizzazione da riflusso. Con l’Occidente impegnato a difendere le sue sfere d’influenza, Russia e Cina desiderose di prenderne il posto e l’Islam sempre più propenso ad affermare una sua vocazione planetaria. Gli esperti dicono che fu proprio la formula dello ‘Stato islamico’, a convincere i fedeli musulmani di molte regioni del mondo ad arrivare in Siria per arruolarsi sotto le bandiere del Califfato. Parecchi venivano dal Caucaso e dalle Repubbliche ex sovietiche dell’Asia centrale. Si scontrarono ripetutamente con le truppe russe d’èlite, nell’area di Damasco e furono bombardati dai Mig e dai Sukhoi di Putin. I superstiti (tra cui molti ceceni) tornarono a casa e decisero di fargliela pagare.
Dopo la catastrofica ritirata americana dall’Afghanistan, col ritorno dei talebani, l’Isis si è installato stabilmente in Asia centrale. E ne approfitta, come faceva Al Qaeda una volta, per colpire ovunque. Ha già attaccato l’ambasciata di Mosca a Kabul e ha persino lanciato una sorta di ‘ufficio stampa’ in lingua russa, che utilizza per incitare i suoi adepti a compiere attentati.
Ecco cosa scrive in proposito il Financial Times: «L’Isis-K ha ucciso centinaia di persone negli ultimi anni, conducendo una campagna contro la minoranza sciita nell’Afganistan e una serie di tentativi di omicidio di importanti leader talebani. L’anno scorso ha attaccato una manifestazione politica in Pakistan ed è stato collegato agli attentati mortali vicino alla tomba del comandante Qassam Soleimani, in Iran a gennaio». Attenzione, però: i terroristi colpiscono dove trovano il ventre molle. Questo significa che, attualmente, la capacità dei servizi di sicurezza russi di prevenire attentati non deve essere molto elevata. La segnalazione dell’Intelligence Usa, forse ritenuta sospetta e di fatto ignorata. Poi, gli arresti dei terroristi in fuga quasi al confine con l’Ucraina e altri facili sospetti.
Il terrorismo dell’Isis, in particolare quello del gruppo afghano Khorasan, è ancora molto temibile. Si calcola che negli ultimi 12 mesi, sia riuscito a pianificare 21 attacchi in 9 Paesi diversi. In almeno 6 di queste occasioni, l’Isis-K si è servito di agenti addestrati in Tagikistan, uno Stato ormai diventato una specie di santuario del terrore.
Tuttavia, in linea con le valutazioni del Direttorato dell’Intelligence degli Usa, benché lo Stato Islamico conservi un elevato grado di pericolosità, si può senz’altro affermare che i rischi più grandi potranno arrivare da azioni di piccoli gruppi o di singoli individui (lupi solitari), scarsamente programmati o addirittura improvvisati. E per questo assolutamente imprevedibili e, dunque, impossibili da evitare.
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