Libano al collasso: assalto alla banche per prendersi i loro soldi. Dramma profughi siriani

Nel Libano travolto da una crisi politica e sociale senza precedenti, chiudono le banche dopo l’aumento, nei giorni scorsi, degli assalti agli istituti di credito nel Paese. In una settimana, infatti, si sono verificati sette diversi irruzioni di cittadini contro filiali bancarie a Beirut per reclamare la restituzione dei soldi depositati.
Oggi a Beirut una delegazione del Fondo monetario internazionale a cercare un qualche rimedio legato comunque alla classe politica libanese, da più parti indicata come responsabile della peggiore crisi economica degli ultimi 150 anni.
Poi il dramma del milione di profughi siriani ospiti costretti di un Paese alla fame
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The Cry of Depositors

«Se chiudono le banche andremo a cercare i manager nelle loro case. In Libano o all’estero». A parlare è il presidente di The Cry of Depositors, una delle associazioni di correntisti che sta difendendo la rivolta dei cittadini libanesi contro le banche. Assalti agli istituti di credito nel Paese, tanto da far chiudere tutti gli sportelli fino a mercoledì 21 settembre.

Robin Hood

Tutto nasce da Robin Hood: così è stato soprannominato dalla stampa internazionale Bassamal Sheikh Hussein, che ad agosto era entrato in una banca di Hamra, nel cuore di Beirut, prendendo in ostaggio diverse persone e pretendendo in cambio della loro liberazione lo sblocco dei suoi soldi. Denaro che gli serviva per pagare le cure al padre malato. Il suo conto, come quelli di moltissimi dei suoi concittadini, è stato congelato nel 2019.

Sequestro dei soldi altrui

Le banche libanesi, d’accordo con la Banca centrale, hanno bloccato, infatti, l’accesso a quasi i tutti i conti correnti, i depositi di investimenti e i risparmi in valuta pesante (dollaro, euro) dei risparmiatori. Questo per far fronte alla crisi economica e all’inflazione che hanno condotto dal 2020 la lira libanese a una svalutazione del 95%.

80% sotto la soglia di povertà

Per un popolo che per l’80% vive sotto la soglia di povertà, Bassam al Sheikh Hussein è diventato un eroe e anche un modello. Tanto che, nell’ultima settimana, sono state sette le filiali assaltate da persone che volevano ritirare i loro risparmi. Tra loro, Sali Hafiz, la donna che è entrata nella sua banca per ottenere i soldi necessari a curare la sorella, malata di cancro. Centinaia di persone hanno celebrato il suo successo quando è riuscita a fuggire dalla filiale con i suoi 13mila dollari.

Manganelli e niente soldi

Il ministro degli Interni Bassam Mawlawi, nell’impotenza del governo, mobilita la polizia e minaccia una sempre più forte repressione contro chi assalta le banche per avere restituiti i propri soldi. Ma le associazioni di correntisti hanno dichiarato al quotidiano ‘L’Orient le Jour’ che gli assalti continueranno. Le azioni erano state coordinate e non finiranno presto, riferisce in ‘Il Fatto’. Una storia che va ben oltre le banche e che coinvolge la classe dirigente, la mafia e lo Stato profondo“, ha detto Rami Ollaik, l’avvocato di Mouttahidoun, il sindacato dei depositanti libanesi.

Blocchi stradali, cortei e scioperi

Intanto nel nord del Paese sono continuate anche oggi le proteste con blocchi stradali, cortei e sit-in. L’esercito libanese è intervenuto nel centro di Beirut sparando pallottole in aria per disperdere centinaia di manifestanti, radunati nei pressi del Palazzo di giustizia per chiedere il rilascio di due libanesi fermati nei giorni scorsi. Con una classe politica inadempiente e una lira che ha perso, in meno di tre anni, più del 95% del suo valore da un lato e con l’80% della popolazione che – secondo la Banca mondiale – vive sotto la soglia di povertà, il Libano è al collasso.

Profughi siriani sempre più indesiderati

Le difficili condizioni economiche e finanziare del Libano si stanno ripercuotendo sulle già precarie condizioni di vita di 1,5 milioni di rifugiati siriani. E nei loro confronti aumenta l’ostilità della popolazione, segnala Michele Giorgio sul Manifesto. Le attuali difficoltà economiche e finanziarie del Libano si ripercuotono con forza sui profughi. «La penuria di farmaci, anche quelli salvavita, mette a rischio anche la vita dei profughi siriani insediati nelle aree rurali più isolate».

Fughe di guerra in guerra

Sono circa 1,5 milioni i siriani entrati in Libano dopo l’inizio della guerra nel loro paese nel 2011. Circa 950.000 quelli registrati all’Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i Rifugiati. La percentuale di famiglie di rifugiati che soffre di insicurezza alimentare è di circa il 49%. Il 60% vive in alloggi sovraffollati e fatiscenti, spesso all’interno di campi profughi palestinesi. Una ricerca di Refugee Protection Watch rileva che la metà dei bambini siriani rifugiati in Libano non va a scuola: non c’è spazio per loro nel sistema scolastico libanese.

Scontro tra affamati

Profughi prima palestinesi e negli ultimi dieci anni quelli siriani, nella crisi economica e finanziaria che ha impoverito gran parte dei libanesi. Prevale l’idea che i profughi assorbano risorse che sarebbero destinate a loro e, per questo, ne chiedono il rimpatrio immediato con l’appoggio di una parte importante delle forze politiche.

La giornalista Yasmin Kayali spiega che «Il tracollo sociale ed economico caratterizzato dal tasso di inflazione più alto del mondo e dalla lira libanese che ha perduto oltre il 90% del suo valore dall’ottobre 2019 sta esacerbando fattori che avevano già spinto i rifugiati siriani ai margini della società libanese».

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