Il collettivo di giovani donne e la cultura ammuffita

Due notizie in apparenza non collegate tra di loro offrono a Polemos lo spunto per una riflessione sulla cultura sui territori, sulla bellezza del fare del pensiero un’azione contro la modalità corrente del rinunciare al pensiero come atto politico, sociale e culturale indipendente a vantaggio di una plastificazione delle emozioni in una costante e infinita arena mediatica, dove pochi dettano regole, idee e principi e tutti gli altri sono spettatori di uno schermo piatto, sfogando però livori e rilanciando altrui slogan nel mare tempestoso dei social.

Le due notizie sono queste: un gruppo di ragazze di questo nostro territorio ha messo su un collettivo femminista e ha ideato e realizzato un gioiellino editoriale che si chiama Vazine; San Quirico d’Orcia non sarà Capitale del libro 2023 perché in finale è stata sconfitta dal progetto di Genova.

San Quirico capitale del libro

Partiamo dalla seconda news. Speravamo in San Quirico capitale del libro? Sì. Sapevamo che difficilmente Davide avrebbe sconfitto Golia? Anche. E poi era difficile immaginare una linea governativa di apertura culturale, diciamo così. Insomma, il Mibact ha deciso di premiare con un cospicuo sostegno economico un progetto cittadino per queste ragioni: “Per l’ampiezza e l’organicità della sua proposta culturale, la valorizzazione e integrazione dell’articolato sistema bibliotecario e delle collezioni storiche, artistiche e letterarie”.

Spulciando tra le motivazioni si colgono altri elementi: visite virtuali delle biblioteche, attività formative del corpo docente, il già presente festival della storia e anche quello della scienza, fiere del libro e poi il “fare sistema, cioè utilizzare ‘energie pubbliche e private’ per generare un ritorno per la città ‘sia di immagine sia in termini economici”…

Mercato politico culturale

Con tutto il rispetto che abbiamo per Genova e per i suoi cittadini, quanto questo elenco di motivazioni incida sulla possibilità che le persone possano leggere più libri, abbeverarsi a una delle fonti primarie della conoscenza, con il coinvolgimento dei giovani e delle persone con meno possibilità economiche e per il superamento di quell’analfabetismo di ritorno che domina la visione piatta della realtà, non è chiaro.
Nella società dello spettacolo ognuno ha un ruolo. In genere, purtroppo, i cittadini ne hanno uno importante, alzarsi dalla posizione seduta davanti a uno schermo per andare a vedere, zitti e seduti ma dal vivo le stesse cose che vedono sul piatto dello schermo. Cultura mediatico-passiva.

Progetto diverso

Il nostro progetto era diverso. Ne abbiamo parlato tanto, era un dar voce alla comunità dei cittadini, attivando una modalità del fare del pensiero un’azione, con il coinvolgimento delle associazioni di base, delle scuole, delle persone non considerate come elementi passivi della fruizione, ma come protagoniste, alla ricerca di un progetto-prototipo replicabile anche in altre realtà piccole, nelle aree rurali, in provincia, nelle periferie dell’impero. Perché non sparisca la nostra civiltà.

Lo realizzeremo ugualmente? L’impegno è questo. La cultura è fertile sui territori se l’attivismo è forte, se agisce per vangare il terreno secco della società. Se esce dal loop mediatico e agisce per la crescita delle comunità e non per il successo di qualcuno, a danno o ignorando il bene comune.

Vazine e l’autoproduzione

Arriviamo dunque all’altro tema del Polemos odierno, la nascita spontanea e bella di un piccolo prodotto editoriale, artistico e sovversivo, Vazine. Le ragazze, in un incontro pubblico a Montepulciano, hanno raccontato di aver sentito la necessità di vedersi, di condividere pensieri e sogni, di agire per non restare in attesa degli eventi. Quindi hanno cominciato a pensare e a disegnare, a scrivere e a proporre quello che per loro è importante. Mettendo tutto sul tavolo. Discutendone democraticamente in una bella redazione aperta. Senza filtri, senza dover sottoporre idee e visioni al giudizio di altri, di quelle energie pubbliche e private che pensano al ritorno in termini economici.

Si sono autoprodotte. E questo è bello. Perché uno dei segreti di questa resistenza alla bruttezza è in questo non delegare, non delegare più. È nell’autoproduzione che si fa voce indipendente, fuori dagli schemi. Non è un piccolo progetto, è una grande opera perché lavora sul confine. Non crede al paradigma mediatico-passivo, mette in moto energie.

Tantissimo l’uso del noi.

Delle ragazze ho apprezzato tantissimo l’uso del noi. Noi abbiamo scelto, ci siamo interrogate, abbiamo esercitato il dubbio. Noi. E mai nell’incontro è spuntato un io. Quell’io sprezzante, arrogante, isolato, patetico che spesso le persone puntano come un dito inquisitore contro il mondo, alla ricerca di conferma, di considerazione, per continuare stancamente a mettere se stessi davanti all’idea che possa esistere un collettivo. E che il collettivo possa, per mille motivi, aver scelto di non firmare i pezzi.

Una ventata d’aria buona, a spazzare via le retoriche di chi ha già fatto tutto, ha già visto tutto, ha già scritto tutto e pensato tutto. E si bea di questo io potente in un mondo che frana. Quindi, grazie ragazze. Porteremo questo progetto aperto in giro per il territorio, abbiamo bisogno di diffondere conoscenze e sapienza, bellezza e coraggio. La muffa conservatrice, anche quando è mediaticamente scintillante, non ci serve per cambiare il mondo.

Continueremo a costruire piccoli libri d’arte e sapienza come fossero barchette di carta capaci di sfidare i venti e di veleggiare nell’oceano.

Tags: libro Polemos
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