
Gli ultimissimi sondaggi, condotti dall’Istituto di rilevamento TEAM di Istanbul, hanno fotografato cambiamenti significativi, anche se ancora non decisivi, specie se si tiene conto del fatto che il margine di errore è di 3 punti. Dunque, Kilicdaroglu lo sfidante, viene dato al 47,4%, mentre Erdogan flette al 44, 4%. Nessuno dei due candidati raggiungerebbe la maggioranza assoluta e sarebbe ballottaggio. Dopo due settimane, il barrage finale sarebbe vinto da Kilicdaroglu, con un vantaggio di circa 5 punti su Erdogan.
La Turchia, come si vede, è spaccata in due e i consensi sembrano abbastanza polarizzati, anche se c’è una fetta di indecisi capace di capovolgere i pronostici all’ultimo momento. In ogni caso, avvertono i sondaggisti, visti i numeri risicati, il futuro Presidente potrebbe anche essere, secondo lo slang americano, una ‘lame-duck’ (un’anatra zoppa), se dovesse ritrovarsi il Parlamento contro.
Presidente discusso e partito in crisi. Il Partito di Giustizia e Sviluppo, l’AK Parti, un frullato sociale di conservatorismo, islamismo moderato, populismo e qualunquismo, si trova davanti il blocco finalmente unito delle opposizioni. Un’Alleanza Nazionale di sei gruppi, variegatissimi, ma tenuti assieme da un mastice a prova di strappo: la profonda avversione contro Erdogan e i suoi programmi, ritenuti senza troppi giri di parole, ‘liberticidi’ sul piano socio-istituzionale e, addirittura, demenziali per quanto riguarda l’economia e la finanza.
L’incertezza del momento è testimoniata dagli ultimi comizi, specie quello di Smirne, dove a distanza di ventiquattr’ore hanno parlato prima Erdogan e poi Kilicdaroglu. Piazze e lungomare traboccanti in ugual misura, ognuno dei due candidati ha cercato di vendere la sua ‘mercanzia’ al miglior offerente. Così Erdogan ha attaccato la municipalità (che è di opposizione) per come viene gestito il centro urbano, mentre Kilicdaroglu ha parlato della necessità di liberalizzare il sistema istituzionale e di garantire i diritti civili.
Tuttavia, sullo sfondo, cipolla docet, resta in primo luogo il problema della formidabile inflazione e, ancora più a monte, quello dell’indipendenza della Banca centrale. Erdogan ha, praticamente, costretto il suo Istituto di emissione a seguire una politica monetaria cervellotica. I tassi, anziché essere alzati, sono stati tagliati e i prezzi, su anno, si sono gonfiati fino all’85%. Uno sterminio popolare. Sussidi, prestiti, prebende, sportule, prezzi amministrati hanno solo lenito le ferite.
Ma poi i nodi sono venuti al pettine e oggi la Turchia, economicamente parlando, è un morto che cammina. Specie dopo l’ultima botta devastante, ricevuta col terremoto di febbraio.
Bisogna cambiare subito e molto, per dare soprattutto una speranza alle nuove generazioni. E saranno proprio milioni di neofiti del voto, con tutta probabilità, a determinare l’esito finale delle Presidenziali. Certo, a parte i pronostici dell’ultimo momento, le preoccupazioni non riguardano solo lo svolgimento del voto, ma anche l’eventuale transizione dei poteri, in caso di ribaltone.
Alcuni commenti fatti dal Ministro degli Interni, Suleyman Soylu, hanno destato perplessità e anche qualche allarme. Soylu ha detto che le elezioni del 14 maggio potrebbero essere «un colpo di Stato guidato dall’Occidente». Il Ministro ha ricordato il tentativo di golpe del 15 luglio 2016, attribuendone indirettamente l’ispirazione agli Stati Uniti. Allora fu Fethullah Gulen, religioso turco residente negli Usa, a essere ritenuto dal governo di Ankara il vero ideatore del complotto.
Lo stesso Soylu ha criticato più volte, pesantemente, l’America, invitando Washington «a togliere le sue mani sporche dalla Turchia». Ma, più in generale, al di là degli equilibrismi tra le grandi potenze tentati dal ‘sultano’, quella delle «interferenze esterne» potrebbe essere una manovra anticipata, per giustificare reazioni in caso di sconfitta.
In effetti, molti temono che se Erdogan dovesse essere battuto con uno scarto minimo di voti, il riconoscimento della vittoria di Kilicdaroglu forse non sarebbe così automatico. E indolore.