
Biden ha stabilito che un successo in politica estera almeno nel Golfo Persico, potrebbe aiutare la sua difficile campagna per la rielezione. Quindi il colpaccio di Gerusalemme e Riad alleate a fare fronte comune contro l’Iran. Più facile a dirsi che a farsi. Anche perché, con i sauditi, negli ultimi anni la Casa Bianca ha sbagliato tutto quello che c’era da sbagliare. Ma Biden ha ordinato a Blinken di portarli dalla sua parte, costi quel che costi. E lo scaltro e spiccio principe ereditario, Mohammed bin Salman, ha sibilato una sola parola: uranio.
L’Arabia Saudita chiede, anzi, pretende che gli Stati Uniti non solo le consentano di sviluppare un programma atomico ‘per usi pacifici’ (come quello degli ayatollah…), ma vuole anche che Biden s’impegni a cederle tecnologia, know-how e materiale fissile. Poco ci manca che arrivi anche la richiesta per qualche testata nucleare, già confezionata. Naturalmente, il Dipartimento di Stato Usa ha dovuto avvisare, in primis, il governo di Netanyahu della piega che stavano prendendo gli avvenimenti. Una bomba per ora metaforica. Non ci si aspettava che gli americani, pur non avendo ancora accettato alcuna proposta, prendessero anche solo in esame la proposta saudita. Le potenti agenzie di Intelligence israeliane sono ferocemente contrarie a un’ipotesi di questo tipo. Mentre, riferisce il think-tank ‘Al Monitor’, la sfera politica dello Stato ebraico è ‘particolarmente indecisa’.
Il Ministro dell’Energia, Israel Katz, ha espresso forti riserve ‘per il piano nucleare saudita con finalità civili’. Inutile sottolineare che, dietro le resistenze di Gerusalemme, si cela la solita sfiducia sulla effettiva efficacia dei controlli internazionali. Le osservazioni dell’Intelligence riguardano il ‘confine’ sulle soglie di arricchimento dell’uranio. Solo quello per le centrali elettriche o, nascostamente, quello per la bomba? La questione non è di facile soluzione per Biden. Lui vuole la firma del Patto di Abramo, per guadagnare punti con Israele e con l’Arabia Saudita. Ma soprattutto, per spingere la sua campagna elettorale, pescando nella potente lobby ebraica americana e dall’altro lato, cercando di calmierare il prezzo del petrolio, grazie al ruolo di Riad nell’Opec. Non è un caso, ma proprio prima di visitare Gerusalemme, all’inizio di giugno, Blinken si è confrontato con l’Aipac, l’associazione filo-israeliana.
Quella che fino a qualche anno fa sarebbe stata una proposta diplomaticamente oscena, oggi invece è possibile. È solo questione di prezzo. Ed ecco cosa ha rivelato ad Al Monitor una fonte vicina al Mossad: «Israele si allineerà con il Congresso degli Stati Uniti. Se i sauditi vogliono che la questione nucleare sia approvata dal Congresso (e deve essere approvata lì), dovranno rispettare i termini. Ma non sono sicuro che sia possibile». Il vero problema, dice la fonte, è che l’Arabia Saudita non accetterà mai di rispettare limiti di arricchimento che, in maniera conclamata, l’Iran non sta osservando. In sostanza, dicono a Riad, se gli Stati Uniti non hanno la capacità di imporre l’osservanza delle regole agli ayatollah «che sono dei nemici dell’Occidente, con quale credibilità possono venire a spaccare il capello in quattro con gli arabi?». E l’insoddisfazione politica in casa israeliana si fa sempre più evidente.
«Diciamo da anni che il programma nucleare iraniano esporrà l’intero Medio Oriente a una corsa verso gli armamenti atomici. Ora ci aspettiamo che accada lo stesso con i progetti sauditi. Non c’è dubbio che, entro breve tempo, vedremo una corsa accelerata verso l’acquisizione di ordigni nucleari, in Paesi come l’Egitto e in tutto il Golfo Persico». Israele non anima innocente, ma la valutazione non fa una piega.
***
Nucleare dell’Arabia Saudita senza che Riad aderisca ad alcun trattato internazionale e quindi senza alcun controllo. Quelle sopra le immagini satellitari del primo reattore nucleare saudita. La struttura è sorta con la località, la ’King Abdulaziz City for Science and Technology’, non lontana dalla capitale saudita. la struttura nucleare è stata costruita dall’azienda di stato argentina INVAP. Il contenitore che dovrà ospitare il reattore nucleare era già pronto nel 2019. Costruito dalla saudita Zamil Industrial Investment, è una struttura alta circa 10 metri con un diametro di 2,7 metri e conterrà il plutonio che, teoricamente, dovrebbe essere a basso arricchimento.